Rapporti di lavoro

Mini flat tax, il debuttante risparmia anche sui contributi

di Roberto Bonomo

I vantaggi del regime forfettario per i giovani professionisti non si esauriscono in una pressione fiscale molto ridotta. Ulteriori agevolazioni (indirette) scattano anche sulla contribuzione previdenziale (peraltro già di per sé agevolata dalle Casse in fase di avvio).

Certo sullo sfondo resta la critica principale mossa al nuovo regime forfettario che di fatto non incentiva l’aggregazione fra professionisti, che invece è sempre più richiesta dal mercato. Ma è fuor di dubbio che la tassazione agevolata si adatta in particolare ai giovani avvocati o commercialisti appena abilitati, che non avendo una struttura autonoma in cui svolgere la propria attività collaborano presso terzi. Il vantaggio è che i professionisti- ai cui redditi si applica una forfettizzazione del 78% - sono chiamati a versare oltre all’imposta sostitutiva, anche di riflesso, un contributo soggettivo più basso rispetto a quello determinato in applicazione del regime ordinario, a parità di ricavi e pochi costi deducibili.

La convenienza della cosiddetta flat tax deriva sia dall’applicazione di un’aliquota fiscale inferiore, sia dal riconoscimento di un 22% di costi figurativi (validi per tutte le attività professionali), che spesso i giovani professionisti non avendo un’autonoma organizzazione, non sostengono neppure. Una diversa determinazione del reddito imponibile comporta, a sua volta, anche una minore contribuzione soggettiva alle Casse. Inoltre a un minor contributo soggettivo si sommano le altre agevolazioni per i neoiscritti, per lo più concentrate sulla non obbligatorietà di versare i minimali o versarli in misura ridotta previste sia per gli avvocati dalla Cassa forense che per i commercialisti dalla Cnapdc. Tutti questi fattori sommati rendono l’avvio della professione meno oneroso.

Facciamo qualche esempio (si veda anche il grafico a destra). Un giovane avvocato che ha conseguito ricavi per 15mila euro nel suo primo anno di attività e ha sostenuto 2.500 euro di costi fiscalmente deducibili nel medesimo periodo, potrebbe risparmiare circa il 45% fra imposte e contribuzione previdenziale soggettiva optando per il regime forfettario e sfruttando l’ulteriore agevolazione per i primi anni di attività, rispetto alla tassazione ordinaria (in questo caso l’aliquota Irpef è pari al 23% mentre nella fascia di reddito da 15.001 a 28mila euro sipaga no 3.450 più il 27% della quota eccedente i 15mila euro). Decisivo è appunto l’apporto di quel 22% di deduzione fissa che nel nostro esempio equivale a 3.300 euro, contro i 2.500 del regime ordinario. Sempre seguendo l’esempio, il minor reddito imponibile nel forfettario comporta anche un “risparmio” sul contributo soggettivo dovuto alla Cassa (forense nell’esempio) che scende da 906 a 848 euro. Uno sconto che però, va ricordato, avrà per effetto finale una diminuzione del montante pensionistico.

Al regime forfettario non si applicano anche le ulteriori addizionali regionali e comunali Irpef. In questo caso il risparmio varia a seconda del luogo di esercizio dell’attività: nel nostro esempio gli oneri variano dagli oltre 300 euro di Roma agli oltre 150 di Milano.

Dopo il sesto anno di attività, invece, applicando l’aliquota piena del 15% sul reddito forfettizzato prevista dal nuovo regime, la differenza impositiva e contributiva diminuisce fino ad annullarsi al crescere dei costi deducibili. Infatti, con componenti positivi di reddito pari a 45mila euro e componenti negativi pari a 17mila euro, nonostante un reddito imponibile inferiore determinato in regime ordinario (24mila euro contro 32.100 euro in regime forfettario) si perviene ad un monte oneri complessivo (fiscale e previdenziale) pressoché identico.

Nel caso di un giovane avvocato che esercita la propria attività a Roma, l’onere complessivo in regime ordinario è circa 200 euro in più rispetto all’attività svolta a Milano.

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