Rapporti di lavoro

Lavoratori impatriati e bonus Renzi

di Josef Tschöll

Con l'approvazione definitiva del decreto crescita al Senato torna alla ribalta la disciplina fiscale per i lavoratori "impatriati". Con più provvedimenti il Legislatore è intervenuto, in passato, per rendere attrattivo il rientro o l'ingresso di lavoratori che hanno lavorato all'estero, mitigando così il fenomeno della fuga dei cervelli dall'Italia ("brain drain").

Il primo provvedimento riguarda il rientro in Italia di docenti e ricercatori scientifici residenti all'estero. Per loro sono stati il Dl n. 185/2008 (articolo 17) e poi il Dl n. 78/2010 (articolo 44, che ha portato a regime tale agevolazione e il quale è stato adesso oggetto di ulteriori modifiche da parte del Dl n. 34/2019) a prevedere una riduzione dell'imponibile fiscale pari al 90%, pagando così l'Irpef solamente sulla restante parte del 10% (più l'esonero ai fini Irap per i lavoratori autonomi e professionisti). In seguito l'articolo 3 della legge n. 238/2010 introduceva una riduzione della base imponibile per i lavoratori cittadini italiani o europei emigrati che intendevano far ritorno in Italia (rientro dei cervelli – "lavoratori rimpatriati"). L'abbattimento dell'imponibile fiscale era differenziato tra lavoratrici (80%) e lavoratori (70%). La disciplina per questi lavoratori è stata poi sostanzialmente sostituita dall'articolo 16 del Dlgs n. 147/2015 (disposizioni recanti misure per la crescita e l'internazionalizzazione delle imprese - regime speciale per "lavoratori impatriati"). Inizialmente la riduzione dell'imponibile fiscale era pari al 30% ed è stato poi aumento al 50 per cento. Con le modifiche introdotte adesso dal Dl n. 34/2019 (decreto crescita), è stata ulteriormente aumentata la percentuale di esonero fiscale (dal 2020 al 70% o, per le regioni del sud, addirittura al 90%) e reso più accessibile ed estesa la fruizione del beneficio. Il Dl n. 34/2019 è intervenuto poi anche sulle condizioni per la fruizione dell'esonero a favore dei docenti e ricercatori.

Spettanza o meno del bonus Irpef

Mentre è chiaro il calcolo per l'abbattimento dell'imponibile fiscale, lo è un po' meno per la determinazione del carico fiscale e in particolare se spetta o meno il cosiddetto bonus Irpef (meglio conosciuto come bonus Renzi) previsto dall'articolo 13, comma 1-bis, del Dpr n. 917/1986. Questo spetta in misura intera (960 euro/anno) come credito d'imposta qualora il reddito complessivo (cui agli articoli 49, con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a, e 50, comma 1, lettere a, b, c, c-bis, d, h-bis e l) non è superiore a 24.600 euro oppure riproporzionato in maniera decrescente se il reddito complessivo è superiore a 24.600 euro ma non a 26.600 euro. La riduzione dell'imponibile fiscale mediante il meccanismo previsto per i regimi speciali a favore degli impatriati e i docenti e ricercatori può comportare, dunque, che il calcolo delle imposte avviene su un imponibile fiscale che rientra nei limiti per la spettanza del bonus Irpef. Una situazione la quale potrebbe interessare soprattutto i lavoratori giovani che sono all'inizio della loro carriera lavorativa e non hanno redditi particolarmente elevati.


Esempio:
Reddito annuale lordo di un lavoratore impatriato: 50.000,00 euro;
trattenuta Inps (9,19 per cento) a carico del lavoratore: 4.595,00 euro;
imponibile fiscale (1):45.405,00 euro;
esonero fiscale al 50%:22.702,50 euro;
imponibile fiscale (2):22.705,50 euro;
Essendo il reddito imponibile (fiscale 2) inferiore a 24.600 euro il lavoratore avrebbe diritto al bonus Irpef nella misura intera (960 euro/anno).

Per capire la spettanza o meno del bonus è necessario risalire alla norma (legge finanziaria 2015) con la quale è stato reso definitivo. In sede di stabilizzazione del bonus di 80 euro mensili l'articolo 1, comma 13, della legge n. 190/2014 ha limito la sua fruizione ed escluso i docenti e ricercatori, nonché i lavoratori rimpatriati. La norma dispone che «Ai fini della determinazione del reddito complessivo di cui all'articolo 13, comma 1-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come sostituito dal comma 12 del presente articolo, non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 30 dicembre 2010, n. 238, all'articolo 17, comma 1, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e all'articolo 44, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, come modificato dal comma 14 del presente articolo».

Il riferimento è unicamente alla legge n. 238/2010 e i Dl nn. 185/2008 e 78/2010, ma non ricomprende anche il Dlgs n. 147/2015 che è stato, peraltro, emanato dopo la legge n. 190/2014. Il quadro normativo è stato comunque poi più volte adattato. Prima con il Dlgs 147/2015 veniva abrogata l'agevolazione introdotta con la legge n. 238/2010, ma poi con l'articolo 1, comma 259, della legge n. 208/2015 (legge finanziaria per il 2016) è stata nuovamente ripristinata e prorogata fino al 31 dicembre 2017 per coloro che si erano trasferiti in Italia entro il 31 dicembre 2015. In alternativa questi ultimi potevano anche optare per il regime agevolato previsto dall'articolo 16 del Dlgs n. 147/2015. Dunque, dopo questi aggiustamenti è chiaro che il regime fiscale di favore per i "rimpatriati" di cui alla legge n. 238/2010 è definitivamente terminato con la fine del 2017.

Una conferma per la possibilità di poter applicare il bonus Irpef da parte degli "impatriati" è contenuta anche nelle istruzioni per il modello 730/2019 per i redditi conseguiti nel 2018. Prima nella sezione I – redditi di lavoro dipendente e assimilati – "casi particolari" vi è una distinzione tra docenti e ricercatori (codice 2) e i lavoratori impatriati (codice 4), poi nella sezione V (bonus Irpef) è precisato che «Alla formazione del reddito complessivo ai fini del bonus Irpef concorrono le quote di reddito esenti dalle imposte sui redditi previste per i ricercatori e docenti universitari». Invece, negli anni passati, per i redditi conseguiti dal 2016- 2017, le istruzioni erano meno chiare disponendo «Alla formazione del reddito complessivo ai fini del bonus Irpef concorrono le quote di reddito esenti dalle imposte sui redditi previste per i ricercatori e docenti universitari e per i lavoratori rientrati in Italia». Il riferimento generico ai lavoratori rientrati in Italia poteva generare la convinzione che vi fossero compresi anche i lavoratori impatriati di cui all'articolo 16 del Dlgs n. 147/2015. Invece, dopo l'adeguamento delle istruzioni al quadro normativo vigente dal 2018 (post 2017) dovrebbe essere sufficientemente chiaro che per il calcolo del reddito complessivo da considerare per il riconoscimento del bonus vanno considerate unicamente le quote di reddito esenti per docenti e ricercatori e, solo fino al 2017, quelli per i "lavoratori rimpatriati" (di cui alla legge n. 238/2010). Sembra corretto, allora, sostenere che per i lavoratori impatriati (di cui all'articolo 16 del Dlgs n. 147/2015) la percentuale della quota di reddito esente non costituisce base di calcolo ai fini del reddito complessivo di 24.600 euro (o 26.600 Euro) previsto come limite per l'erogazione del bonus Irpef dall'articolo 13, comma 1-bis, del Dpr n. 917/1986.

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