Previdenza

Il vecchio debito Inps diventa spia di crisi

di Valentina Pepe

Conservare ove possibile l’attività aziendale e tutelare i lavoratori coinvolti nelle crisi, attribuendo anche ai dipendenti un ruolo più incisivo nel monitoraggio e nella gestione della crisi stessa. Sono questi alcuni aspetti chiave del nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, il Dlgs 14/2019. Si tratta di una riforma vasta, che va a disciplinare le procedure concorsuali, a partire dalla più rilevante, il fallimento, che nella nuova disciplina trova la nuova denominazione di liquidazione giudiziale.

Proprio la notevole rilevanza della riforma ha fatto sì che – salvo alcune norme già in vigore – una parte corposa della disciplina entrerà in vigore dal 15 agosto 2020, dopo 18 mesi dalla pubblicazione del decreto sulla Gazzetta ufficiale.

In questo lasso temporale, però, è indispensabile che i soggetti destinatari della disciplina e i loro consulenti adottino le misure organizzative necessarie per arrivare pronti al debutto delle nuove regole.

Per la prima volta, il Codice introduce una disciplina specifica di collegamento e di armonizzazione tra le procedure di gestione della crisi e dell’insolvenza e alcuni fondamentali istituti del diritto del lavoro. Sono così chiariti alcuni aspetti che - nella normativa antecedente - non sempre avevano trovato una regolamentazione organica (più spesso lasciata all’intervento giurisprudenziale).

La conservazione dell’attività

In che modo il nuovo Codice si propone di conservare l’attività aziendale? Il legislatore individua, in primis, strumenti innovativi che consentano di portare alla luce e di individuare sul nascere le situazioni di crisi aziendale, spingendo così l’azienda in difficoltà a intraprendere azioni di rientro dalla crisi, anche con il coinvolgimento dei propri creditori, primi tra tutti i lavoratori.

In quest’ottica è stata introdotta la procedura di allerta, finalizzata a far emergere con il maggior anticipo possibile le situazioni di crisi, evitando un’insolvenza irreversibile e rimediando, ove necessario, tramite l’analisi delle cause della sofferenza dell’impresa e una composizione assistita della crisi.

Per la prima volta è introdotto l’obbligo - anche a carico di imprese che in precedenza ne erano esentate - di dotarsi di organi di controllo anti-crisi con funzioni di monitoraggio e segnalazione agli amministratori della società.

In base alla riforma, il mancato versamento dei contributi previdenziali farà sorgere in capo all’Inps un obbligo di segnalazione quando il debitore è in ritardo di oltre sei mesi nel versamento di contributi previdenziali di ammontare superiore alla metà di quelli dovuti nell’anno precedente e superiore alla soglia di 50mila euro.

Il favor per la tutela dei lavoratori emerge anche dalla promozione del concordato in continuità rispetto a quello liquidatorio.

La salvaguardia occupazionale

Proprio nell’ottica della salvaguardia occupazionale, il Codice promuove lo strumento del concordato preventivo in continuità, prevedendo che la continuità o la ripresa dell’attività possa essere attuata anche da parte di un soggetto diverso dal debitore a seguito di cessione, affitto, usufrutto o conferimento. Il tutto, a condizione che sia assunto un preciso impegno, da parte del soggetto che prosegue l’attività imprenditoriale, a mantenere almeno la metà della media dei lavoratori impiegati dal debitore nei due esercizi antecedenti il deposito del ricorso, per almeno un anno dall’omologazione del concordato.

È rilevante, ai fini del concordato in continuità, la nuova previsione per la quale il tribunale può, a determinate condizioni, autorizzare il pagamento della retribuzione dovuta per la mensilità antecedente il deposito del ricorso.

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