Rapporti di lavoro

Tassate in busta paga le spese mediche rimborsate dal datore

di Daniela Stefani e Marcello Tarabusi

Il rimborso spese sanitarie da parte del datore di lavoro è tassato in busta paga come accessorio della retribuzione. È quanto emerge dalla risposta a interpello 285/2019 del 19 luglio scorso. In pratica, il rimborso di spese sanitarie erogato direttamente dal datore di lavoro va tassato come reddito di lavoro dipendente in base all'articolo 51, comma 1, del Tuir, che sancisce il principio di onnicomprensività della retribuzione. Niente tassazione separata ex articolo 17, comma 1, lettera n-bis) del Tuir, ma tassazione progressiva in busta paga. La spesa resta detraibile in capo al contribuente.

L'istanza è stata presentata da un ente pubblico che eroga ai dipendenti rimborsi di spese mediche documentate attingendo da un fondo, costituito dall'amministrazione, cui viene destinato massimo l'1% delle spese del personale. Sulla base della disponibilità e delle richieste ricevute il datore di lavoro rimborsa una percentuale delle spese mediche sostenute dai lavoratori in anni precedenti.

Secondo le Entrate il lavoratore deve portare in detrazione la spesa medica beneficiando della detrazione del 19% nell'anno di sostenimento della spesa e il datore di lavoro, nell'anno del rimborso, lo tratterà come una componente del reddito di lavoro.

L'interpretazione genera una stridente anomalia rispetto agli altri casi di rimborso di spese sanitarie. Si pensi, ad esempio, alle spese sanitarie rimborsate a fronte di contributi per assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o ente pensionistico o dal contribuente a enti o casse con fini esclusivamente assistenziali, sulla base di contratti, accordi o regolamenti aziendali e che, fino all'importo massimo di 3.615,20 euro non hanno contribuito a formare il reddito imponibile di lavoro dipendente. Per questi è previsto alternativamente o il calcolo della detrazione della spesa sanitaria sulla sola parte rimasta a carico (se il rimborso è nello stesso anno) oppure, se il rimborso arriva in anni successivi, la detrazione sull'intera somma nell'anno di sostenimento e la tassazione separata del rimborso nell'anno di erogazione (con possibilità di opzione per la tassazione ordinaria). La stessa regola (elisione della spesa nello stesso anno, tassazione separata in caso di sfasamento) vale per chi riceve rimborsi di spese sanitarie, ad esempio per risarcimento danni, oppure in forza di assicurazione sanitaria se il relativo premio è detraibile/deducibile o, se è pagato da terzi, non è tassato in capo al contribuente.

La risposta dell'Agenzia penalizza il rimborso diretto da parte del datore di lavoro: la tassazione ordinaria in busta paga aumenta il reddito complessivo e genera un differenziale tra detrazione goduta (19%) e tassazione del rimborso (Irpef e addizionali); può ridurre o annullare le detrazioni per carichi di famiglia e di lavoro, aumenta l' Isee e può anche fare perdere il bonus Renzi. Per i dipendenti è più vantaggioso, allora, se il datore stipula una polizza sanitaria. Per le spese rimborsate a seguito di infortunio sul lavoro, che sono un risarcimento e non retribuzione, deve ritenersi che sia ammessa la tassazione separata.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©