Rapporti di lavoro

Cessione del quinto e del Tfr: così il datore fa calcoli senza errori

di Antonio Carlo Scacco

Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente non può avvenire su somme che corrispondono al triplo della pensione sociale - giacenti sul conto corrente del destinatario - quando è certo che le stesse somme derivano da emolumenti versati nel rapporto di lavoro. È il principio fissato dalla Cassazione nella sentenza 14606/2019.

Sul pignoramento degli stipendi e del Tfr il Dl 83/2015 ha introdotto limiti più stringenti: in particolare, se l’accredito dello stipendio su conto bancario o postale intestato al debitore è avvenuto prima del pignoramento, le somme sono impignorabili nella misura che corrisponde al triplo dell’assegno sociale.

Oltre ai pignoramenti, anche la cessione dello stipendio o del quinto da parte dei lavoratori comportano il rispetto di procedure specifiche per i datori di lavoro. È bene dunque conoscere i passaggi più critici, sui quali è meglio non commettere errori.

La cessione dello stipendio

La cessione dello stipendio o del quinto è una forma di cessione del credito regolata dagli articoli 1260 e seguenti del Codice civile. Il lavoratore cedente (pubblico o privato, inclusi i collaboratori) trasferisce il credito alla retribuzione nei confronti del proprio datore (debitore ceduto) a un terzo cessionario (solitamente una finanziaria una banca e così via) a fronte di un prestito da questi erogato. Sono interessati i lavoratori assunti in servizio a tempo indeterminato, addetti a servizi di carattere permanente e con stipendio o salario fisso e continuativo.

Per questi lavoratori la cessione può avere una durata di dieci anni ma bisogna fare attenzione al fatto che se la cessione non si estingue prima della pensione si estende di diritto a quest’ultima.

Sono ammessi anche i lavoratori assunti a termine purché abbiano almeno due anni di servizio effettivo e un contratto che dura tre anni. La cessione, in questi casi, non può eccedere il periodo di tempo che, dal momento dell’operazione, deve ancora trascorrere per la scadenza del contratto.

In base all’articolo 1264 del Codice civile, la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’abbia accettata o gli sia stata notificata. Per le cessioni efficaci dal 1° gennaio 2005 si applica il limite massimo del quinto sulla quota di retribuzione . Dopo le modifiche introdotte dalla legge 266/2005, dal 1° gennaio 2006 si può cedere l’intero Tfr che, generalmente, rappresenta la garanzia sul credito erogato che opera alla cessazione del rapporto di lavoro. Il cessionario del Tfr, ossia la società finanziaria/assicurativa o la banca che ha concesso il prestito, è considerato avente causa del lavoratore e può dunque presentare la domanda di intervento del Fondo di garanzia (circolare Inps 89/2012). La cessione del quinto è generalmente garantita anche da una assicurazione sulla vita e contro i rischi di perdita dell’impiego (il relativo costo, per giurisprudenza costante, rileva per il computo del Teg, il Tasso effettivo globale usato dalla Banca d’Italia per fissare la soglia antiusura: si veda ad esempio la sentenza del tribunale di Torino del 4 marzo 2019).

La delegazione

La delegazione di pagamento è un prestito concesso al lavoratore dipendente, estinguibile con rate imputate sulle retribuzioni mensili, versate alla banca o alla finanziaria dal datore di lavoro. Rispetto alla cessione, non vale il limite di un quinto e serve l’accettazione del datore (che può anche rifiutarsi).

Il pignoramento

Il pignoramento presso terzi è l’atto che inizia il processo di esecuzione sulla retribuzione ed è eseguito con atto notificato direttamente al datore di lavoro e al lavoratore (inclusi i collaboratori: si veda la sentenza della Cassazione a Sezioni unite 1545/2017).

Dal giorno in cui riceve la notifica, il datore di lavoro è soggetto agli obblighi che la legge impone al custode. Le quote accantonate del Tfr, trattenute presso l’azienda, versate al Fondo di Tesoreria dello Stato presso l’Inps o in un fondo di previdenza complementare corrispondono a un diritto certo e liquido del lavoratore, di cui la cessazione del rapporto di lavoro determina solo l’esigibilità. Sono, pertanto, pignorabili (Cassazione, sentenza 19708/2018) al netto delle ritenute fiscali (Cassazione, sentenza 3648/2019).

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