Carried interest al manager con partecipazioni sotto l’1 per cento
Il carried interest costituisce un reddito di natura finanziaria e non di lavoro dipendente anche in caso di partecipazione al fondo d'investimento inferiore all'1%, dovendosi analizzare le circostanze fattuali. È questa l'importante risposta a interpello 472/2019 di ieri in tema di private equity.
La tematica riguarda il coinvestimento dei manager dei fondi di private equity in quanto i relativi redditi, se assimilati a lavoro dipendente, comportano una tassazione molto più onerosa (di solito 43%) rispetto all'ipotesi in cui si inquadrino come redditi di natura finanziaria (di capitale o diversi) tassati al 26%. Un punto fermo in questo ambito è stato fissato dall'articolo 60 del Dl 50/2017 che ha individuato, per dipendenti e amministratori di società o di Oicr, le condizioni per considerare i proventi da partecipazione (azioni, quote, strumenti finanziari con diritti patrimoniali rafforzati) nei predetti soggetti quali redditi finanziari. Tali requisiti sono:
- l'investimento minimo almeno pari all'1% dell'investimento complessivo dell'Oicr;
- la postergazione nella distribuzione dell'extrarendimento, ovvero solo dopo che soci e partecipanti abbiano percepito il capitale investito e un rendimento minimo (hurdle rate);
- un holding period quinquennale di detenzione delle partecipazioni o strumenti.
Queste condizioni, infatti, garantiscono un sostanziale allineamento di interessi fra i manager e gli altri investitori circa i profitti e le perdite del fondo, ciò consentendo di inquadrare i proventi quali redditi finanziari indipendentemente dallo status di dipendente dell'Oicr (circolare 25/E/17). In assenza di uno o più presupposti, non si ricade sic et simpliciter nel reddito di lavoro dipendente ma andrà effettuata un'analisi caso per caso. Gli elementi che possono far propendere in un senso o nell'altro, in assenza dei citati presupposti, sono la circostanza che gli strumenti finanziari siano offerti anche ad altri soci (oltre al management), l'ammontare dell'investimento effettuato, la presenza o meno di clausole atte a restituire al dipendente il capitale investito, le clausole di leavership in caso di uscita del dipendente.
La risposta dell'Agenzia mette in pratica le indicazioni della circolare 25/E citata. Poiché, infatti, le quote destinate al management team rappresentano solo lo 0,6% del commitment del fondo, non arrivando quindi all'1%, non si integra automaticamente la prima condizione dell'articolo 60 e bisogna andare più in profondità per stabilire la natura dei redditi (finanziari o di lavoro dipendente). Viene in particolare apprezzato che:
- i diritti rafforzati sono appannaggio di altri investitori estranei al management team;
- l'investimento cospicuo dell'istante pari a 519.800 euro;
- non ci sono clausole di restituzione integrale per i dipendenti;
- si rispetta la postergazione (hurdle rate);
- nei casi di good leavership il manager uscente può comunque mantenere le quote anche dopo la sua uscita.
Tutto ciò dimostra che non si è in presenza di una remunerazione di lavoro dipendente bensì di un reddito di natura finanziaria, con un'analisi che si fa apprezzare per le notevoli aperture.
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