Rapporti di lavoro

Il dirigente pubblico risponde dei danni

di Paola Maria Zerman

In caso di condanna dell’amministrazione pubblica per un fatto di mobbing messo in atto da un suo dirigente, quest’ultimo è tenuto a risponderne davanti alla Corte dei conti per danno erariale indiretto, avendo violato i fondamentali obblighi di servizio cui è tenuto un impiegato dello Stato.

Lo ha ribadito la sezione giurisdizionale del Lazio (sentenza del 25 febbraio 2019, relatore Di Stazio), che, prendendo avvio dalla sentenza di condanna per risarcimento dei danni causati da una dirigente pubblica per mobbing nei confronti di una subordinata, ha accolto la richiesta di rivalsa da parte della Procura nei confronti del responsabile, in base all’articolo 1 della legge 20/1994, ravvisando gli estremi dell’illecito e del dolo nella sua condotta.

Il collegio ha ritenuto illecita la condotta ai fini della responsabilità amministrativa-contabile, in base alla valutazione del giudice del lavoro. Dall’esame dell’istruttoria civile, il giudice contabile ha rilevato una serie di fatti che integravano la fattispecie di mobbing per essere stata l’interessata progressivamente emarginata e svuotata dal contenuto delle sue mansioni. Il mobbing si era concretizzato nella privazione di incarichi e di compiti lavorativi correlati all’inquadramento e nella dequalificazione professionale della dipendente, costretta a una sostanziale inattività, senza assegnazione di compiti specifici o con assegnazioni inferiori. In stretto rapporto temporale e causale, veniva accertato uno stato di malattia e un danno biologico a carico della dipendente mobbizzata, quali depressione e attacchi di panico, con conseguente riconoscimento del diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale. La condotta del dirigente, per la Corte, è caratterizzata da dolo, trattandosi di un atteggiamento persecutorio nei confronti della sottoposta.

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