Rapporti di lavoro

Risorse umane contaminate dall’hi tech

di Cristina Casadei

«La digitalizzazione ha lo straordinario effetto di schiacciare verso il basso il potere decisionale perché democratizza l’informazione e l’accesso ai dati». A pensarlo è Gianfranco Chimirri, hr director di Unilever Italia che sta affrontando un processo di riconversione e riqualificazione delle persone, anche sulla spinta del digitale. Enrico Contini, chief human resources officer del gruppo Lavazza, aggiunge che «la digitalizzazione dei processi HR, ma non solo, resa possibile dalle nuove tecnologie, ci consente senza dubbio di essere più efficienti ed efficaci. Questo aspetto chiamiamolo “produttivo “, per quanto importante, se lo si considera però in modo un po’ tecnocratico come l’obiettivo unico o fondante, rischia di trascurare il cambiamento organizzativo e culturale che deve necessariamente accompagnare la trasformazione digitale».

L’impatto

La trasformazione digitale avrà un impatto forte, in futuro, su molte delle funzioni che fanno parte della gestione risorse umane, a partire dal recruiting, secondo quello che dicono le aziende che a vario titolo ruotano attorno a Talent garden che ha sottoposto a 500 people manager, 30 domande sulla gestione hr ai tempi del digitale. Ne è venuto fuori un quadro secondo cui «la figura dell’hr sta assumendo un ruolo sempre più importante all’interno delle aziende e deve essere in grado di sviluppare competenze e capacità ulteriori rispetto a qualche anno fa», interpreta Lorenzo Maternini, vice president global sales & country manager Italy Talent Garden. «L’HR moderno deve essere un leader “ibrido”, nel senso migliore del termine, che gioca con sé stesso e con la tecnologia della quale deve comprendere a fondo le potenzialità», aggiunge.

Cambia il recruiting

Contini racconta della fase conclusiva «del nostro primo International Graduate Programme – BeAn Execellence che si concluderà con l’ingresso, in gennaio, di 10 giovani laureate/i , che entrano nel gruppo con un percorso che nei primi 3 anni prevede esperienze in più funzioni incluso un anno in una delle nostre Società estere». Come si è svolta la selezione? «La gran parte del processo di comunicazione e selezione si è svolto in modo digitale - continua Contini -. In poco più di un mese abbiamo ricevuto e gestito sulla nostra piattaforma digital, fruibile anche tramite App, quasi 800 curriculum, ognuno con una sezione video. Dopo la prima fase di screening sono seguiti il modulo Gamification e la profilazione delle competenze per poi arrivare ai 70 candidati che stanno partecipando alla fase di assessment finale che prevede accanto alla intervista individuale “ tradizionale “ l’utilizzo di tecnologie digitali di virtual reality. Il tradizionale Recruiter diventa un Social Media Recruiter che lavora quasi più sull’attraction che sulla selezione come tradizionalmente intesa in passato».

La parola ai chief people officer

Secondo la ricerca di Talent Garden, un intervistato su tre individua nel chief people officer il ruolo di sponsor e guida della trasformazione digitale, secondo solo al chief executive officer che viene indicato dal 47% dei rispondenti. Seguono il chief information officer con l’8% delle risposte e il chief digital officer con il 7%. Il contributo delle risorse umane alla trasformazione, per il 39% dei chief people officer deve riguardare soprattutto la digitalizzazione dei processi e l’introduzione di nuovi servizi per il personale. Il 37% individua invece un ruolo importante nel supporto all’introduzione di nuove modalità di gestione delle persone, come per esempio la social collaboration o il metodo agile. Più di uno su tre indica anche il supporto alla digitalizzazione dei processi e il change management, mentre solo il 24% ritiene che il contributo sia limitato all’assunzione di nuove professionalità e competenze. Il cambiamento impellente rende necessario che qualcuno lo gestisca: e quel qualcuno viene individuato pressoché all’unanimità proprio nell’hr manager.

Come cambia il ruolo

Per un intervistato su quattro (24%) l’HR dovrebbe diventare Digital Transformation Leader, per plasmare l’organizzazione nelle sue strutture e abilitare le persone a nuove modalità di lavoro, dallo smart working all’agile, dal knowledge sharing all’open innovation. La stessa percentuale ritiene però che l’HR debba diventare una sorta di Marketer e Communication Manager, gestendo la comunicazione verso l’interno e l’esterno dell’azienda. A breve distanza, il 21% degli intervistati ritiene che l’HR debba assimilare le migliori tecniche di analisi dei dati, così da poter prendere decisioni strategiche data driven (percentuale che sale al 24% considerando solo le risposte di chi ricopre ruolo di HR). Il 18%, infine, vede l’HR come Change Maker, ovvero la vera guida del cambiamento in azienda, probabilmente proprio grazie ad un mix delle altre figure.

Il nuovo mindset

Tra i fattori più critici c’è l’acquisizione di un nuovo mindset e di una cultura digitale diffusa che risultano essere i più decisivi con il 59% delle risposte, seguiti dalla riprogettazione di processi e modi di lavorare (50%), e dall’introduzione di nuove skill (37%). La gestione del cambiamento è invece scelta dal 33% dei partecipanti, la creazione di nuovi ruoli e strutture organizzative dal 30% e l’introduzione di nuove tecniche e strumenti di innovazione e aggiornamento continuo dal 23%. Gianfranco Chimirri, hr director di Unilever Italia, spiega che «la trasformazione digitale è primariamente legata alle persone ed al loro mindset. Non è quanta tecnologia tu abbia all’interno della tua organizzazione che definisce il tuo livello di maturità digitale quanto la tua cultura digitale che si esprime nel modo di pensare e lavorare che hanno le persone in azienda. L’HR può e deve guidare la trasformazione digitale attraverso il disegno di nuovi modelli organizzativi, la costruzione di nuove competenze e la diffusione di una nuova cultura organizzativa».

Le aspettative dei lavoratori

Ma che cosa si aspettano le persone dagli hr? Le aspettative sono alte: innanzitutto più di uno su due (il 58%) chiede un upgrade delle competenze e l’acquisizione di nuove skill, ma anche l’elaborazione di nuovi modi per gestire e motivare le risorse (44%), l’introduzione di nuove tecnologie e metodologie di lavoro (42%), la sperimentazione di nuovi processi interni e strutture organizzative (39%). «Le persone chiedono sempre di più partecipazione imprenditoriale alla vita dell’azienda - dice Chimirri -. Si aspettano trasparenza, strumenti di learning personalizzati, tool che semplificano i processi e che concentrino l’attività umana su task di valore, ma più di ogni cosa chiedono leader nuovi non focalizzati sul controllo ma sul supporto». Da Torino, Contini, dice che «dipendenti e collaboratori si aspettano di capire il perché del cambiamento e della sua utilità, e poi che i sistemi siano veloci, semplici e che permettano di crescere, lavorare meglio e sentirsi appunto protagonisti. L’azienda ha poi la necessità che siano scalabili se la dimensione internazionale lo richiede. Noi lo abbiamo fatto sicuramente con Nuvola, il nostro headquarter torinese, che ci ha permesso di facilitare l'adozione di una cultura digitale».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©