Rapporti di lavoro

Tiro incrociato su articolo 18 e Reddito di cittadinanza

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

Il capitolo lavoro entra ufficialmente nella verifica di governo. Con M5S e Leu che chiedono, rispettivamente, con i ministri Luigi Di Maio (Esteri) e Roberto Speranza (Salute), la reintroduzione dell’articolo 18. Richiesta che spinge una parte della maggioranza (Pd, Italia Viva) ad estendere il confronto a tutto campo anche al decreto dignità, al reddito di cittadinanza e agli ammortizzatori sociali.

In vista del vertice di governo che si terrà presumibilmente dopo le regionali in Emilia Romagna e Calabria del 26 gennaio, il sasso nello stagno lo ha lanciato il ministro Di Maio che ha puntato l’indice contro il Jobs act, dicendosi intenzionato a superare il provvedimento bandiera del governo Renzi. Per le aziende sopra i 15 dipendenti, nei licenziamenti illegittimi, il leader M5S vuole ripristinare la reintegra nel posto di lavoro, superata in parte dal Jobs act che ha previsto, per gli assunti post 7 marzo 2015, le tutele monetarie crescenti. Richiesta che provoca una levata di scudi da Italia Viva che per voce della ministra Teresa Bellanova (Agricoltura), respinge l’attacco sostenendo che la priorità è «far ripartire il lavoro e l’economia , non gingillarsi con il Jobs Act che il lavoro lo ha creato». Una linea condivisa, peraltro, da un parte del Pd che il 13 e il 14 gennaio si riunirà a Rieti per elaborare le proprie proposte. «Il Jobs act non si tocca - dice il presidente dei senatori Dem, Andrea Marcucci-. Come tutte le leggi, a distanza di qualche anno, può essere giusto valutare gli effetti, ma l’impianto generale del provvedimento continua a funzionare». Per la sottosegretaria al Lavoro Dem, Francesca Puglisi «bisogna aprire una riflessione a tutto campo sul mercato del lavoro, migliorando gli strumenti a sostegno dei lavoratori coinvolti nelle crisi aziendali. Occorre estendere l’assegno di ricollocazione anche a chi percepisce la Naspi. Anche il decreto dignità e il reddito di cittadinanza sono da migliorare, puntando su formazione e politiche attive». Il Jobs Act è «un cantiere aperto, va completato – per l’economista dem, Tommaso Nannicini e padre del provvedimento –. Non c’è nessun totem da abbattere o bandierina da difendere».

A spingere per una riflessione sull’articolo 18 è l’imminente sentenza della Corte di giustizia europea, adita da due giudici italiani (Tribunale di Milano e Corte d’Appello di Napoli) su ricorsi sostenuti dalla Cgil sul tema dei licenziamenti collettivi, per i quali il Jobs act ha cancellato la reintegra per gli assunti post 7 marzo 2015. In vista del vertice di governo nella maggioranza si confrontano più posizioni, tra chi come il M5S e Leu chiede il superamento del Jobs act, chi invece è disposto a ragionare sui correttivi da apportare per accogliere possibili rilievi della Corte di Giustizia sull’articolo 18, e chi invece difende la misura. Questo intervento, però, apre la sponda ad una riflessione anche sulle modifiche al decreto dignità, considerato un cavallo di battaglia dei M5S che lo difendono a spada tratta, ma criticato praticamente da tutto il mondo imprenditoriale.

Sul fronte sindacale se il leader della Cgil, Maurizio Landini preme per rimettere mano al Jobs act e all’articolo 18, la numero uno della Cisl, Annamaria Furlan frena: «La discussione sull’articolo 18 ci riporta al secolo scorso – ha detto ai microfoni di 24Mattino su Radio 24 –. Abbiamo 300mila lavoratori coinvolti in crisi aziendali, con l’articolo 18 non ne salviamo nemmeno uno. Non mi interessa un dibattito che riporta a divisioni ideologiche, mi sembra solo un modo per distogliere l’attenzione».

Sullo sfondo resta l’introduzione del salario minimo legale, altro provvedimento bandiera per M5S, nonostante la contrarietà di tutte le associazioni datoriali e dei sindacati che finora hanno fatto quadrato. Si cerca una mediazione, al Senato da luglio 2018 è in standby un Ddl targato M5S dell’attuale ministro Nunzia Catalfo, per istituire un salario minimo legale di 9 euro lordi l’ora «strettamente legato alla contrattazione» anche nei settori coperti dai contratti. La maggioranza sta lavorando ad una mediazione con la proposta presentata da Nannicini (Pd), che estende i minimi tabellari dei contratti siglati dalle associazioni più rappresentative a tutti i lavoratori del settore, applicando per le sole attività scoperte un salario minimo di garanzia, secondo importi fissati da una commissione paritetica al Cnel.

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