Rapporti di lavoro

I detenuti possono lavorare a domicilio

di Antonio Carlo Scacco

L'Ispettorato Nazionale del Lavoro ritiene pienamente ammissibile, entro certi limiti, il lavoro carcerario a domicilio: è il contenuto della nota n. 596 del 23 gennaio resa a fronte di uno specifico quesito avanzato dalla direzione territoriale di Padova.
Fin dalla riforma dell'ordinamento penitenziario attuata con legge 354/1975, il lavoro carcerario ha perso il carattere originario meramente sanzionatorio (pur rimanendo obbligatorio) per divenire elemento fondamentale della rieducazione e reinserimento sociale del detenuto secondo i principi contenuti nell'articolo 27 della Costituzione, in base al quale le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Il decreto legislativo 124/2018, nel riformare le norme sull'ordinamento penitenziario contenute nella legge del 1975, ha ulteriormente valorizzato tale prospettiva stabilendo, ad esempio, che nelle strutture detentive debbano essere favorite in ogni modo la destinazione dei detenuti al lavoro e a corsi di formazione professionale ed il lavoro debba essere regolarmente remunerato (un tempo si chiamava "mercede"), sia pure in misura corrispondente a 2/3 di quella prevista normalmente dai contratti collettivi. Nella nota in commento, l'INL sottolinea come il lavoro dei detenuti possa essere già svolto, sulla base di apposite convenzioni, anche presso imprese pubbliche e private, particolarmente imprese cooperative sociali, in locali concessi in comodato dalle Direzioni (articolo 47 del D.P.R. 230/2000, recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà) che diventano pertanto dei locali dell'azienda (fatta ovviamente salva la possibilità del libero accesso da parte della Direzione per motivi inerenti la sicurezza).
Allo stesso modo non vi sono preclusioni circa la ammissibilità del lavoro a domicilio considerato anche che tale peculiare tipologia di lavoro risulta espressamente richiamata dal predetto DPR 230/2000. Il lavoro carcerario a domicilio, in particolare, è una tipologia lavorativa introdotta come novità assoluta dalla L. 56/1987, sebbene l'art. 19 , comma. 6 e 7 non forniscano alcuna definizione di tale tipo di lavoro inframurario, limitandosi a richiamare l'applicabilità delle norme sull'ordinamento penitenziario, in materia di lavoro artigianale, intellettuale e artistico.
Secondo l'Ispettorato è tuttavia necessario che le prestazioni lavorative siano compatibili con le caratteristiche peculiari del lavoro a domicilio (si pensi alle concrete modalità di svolgimento dell'attività lavorativa, la individuazione dei locali in cui svolgere il lavoro, l'uso degli strumenti necessari, il rimborso delle spese sostenute dall'amministrazione, l'invio all'esterno dei beni prodotti in considerazione del luogo dove la prestazione si svolge e la privazione della libertà personale cui è soggetto il detenuto). Ulteriore aspetto sottolineato dalla nota è rappresentato dalla remunerazione corrisposta al detenuto che, come accennato, è stabilita, in relazione alla quantità e qualità del lavoro prestato, in misura pari ai due terzi del trattamento economico previsto dai contratti collettivi.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©