Rapporti di lavoro

I dispositivi di protezione possono non essere previsti nella valutazione dei rischi

di Gabriele Taddia

La Cassazione torna ad occuparsi del dibattuto tema dei dispositivi di protezione individuale (Dpi) che le aziende debbono fornire ai lavoratori, dispositivi per i quali l’azienda stessa ha l’onere di provvedere alla pulizia e manutenzione. L'intervento afferma in modo definitivo e perentorio due principi destinati ad incidere in modo rilevante nella gestione imprenditoriale anche sotto il profilo dei costi di acquisto lavaggio e manutenzione dei Dpi.

L’ ordinanza 33133/19 afferma che si deve includere nella categoria dei Dpi qualsiasi attrezzatura, complemento o accessorio che possa in concreto costituire una barriera protettiva, sia pure ridotta o limitata, rispetto a qualsiasi rischio per la salute e la sicurezza del lavoratore, e pertanto, nella medesima, ottica il datore di lavoro è tenuto a fornire questi indumenti ai dipendenti e a garantirne l'idoneità a prevenire l'insorgenza e il diffondersi di infezioni, provvedendo al relativo lavaggio, che è indispensabile per mantenere gli indumenti in stato di efficienza.

In secondo luogo la Corte pone – seppur in via incidentale – un principio molto pericoloso o quantomeno di difficile applicazione, laddove afferma che non rilevante è la circostanza della previsione o meno degli specifici Dpi nell'ambito del documento di valutazione dei rischi, atteso che l'obbligo (…), di fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, costituisce un precetto al quale il datore di lavoro è tenuto a conformarsi, a prescindere dal fatto che il loro utilizzo sia specificamente contemplato nel documento di valutazione dei rischi, redatto dal medesimo datore di lavoro.

Se il primo principio è convisibile e certamente coerente con l’impianto normativo comunitario e nazionale, il secondo, in base alla quale non è rilevante che lo specifico Dpi sia previsto o meno dal documento di valutazione dei rischi, appare di più difficile lettura e applicazione. È ben vero che l'articolo 2087 del Codice civile prevede che l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, tuttavia è altrettanto vero che la valutazione della necessità o rilevanza dei dispositivi di protezione individuale non può prescindere dal una valutazione tecnica (e sanitaria) necessariamente rimessa ad un esperto e da trasfondere in una prescrizione da inserire nel documento di valutazione dei rischi. In alternativa, non è dato sapere chi può compiere una tale valutazione che a questo punto sarebbe rimessa alla soggettività del confronto fra lavoratore e datore di lavoro.

Dunque, svincolare la previsione della necessità e obbligo di adottare Dpi dotati di determinate caratteristiche da un documento consultabile e basato su rilievi tecnico scentifici può essere solo fonte di contenzioso. Diversa sarebbe una censura del documento di valutazione dei rischi, laddove non prevede la necessità di utilizzare un dispositivo che una successiva indagine riveli utile e necessario, ma l’ordinanza in questione non dice questo e afferma comunque che costituisce Dpi q ualsiasi attrezzatura, complemento o accessorio che possa costituire una barriera protettiva, rispetto a qualsiasi rischio per la salute e la sicurezza del lavoratore, indipendentemente dal fatto che lo stesso Dpi sia o meno previsto dal Dvr con ogni conseguente obbligo a carico dell'azienda. Principi che non saranno semplici da conciliare fra loro.

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