Rapporti di lavoro

Ristorazione contro i ticket, verso lo stop all’accettazione

di Enrico Netti

Si preannuncia un autunno caldo per i buoni pasto che per Gdo e pubblici esercizi stanno diventando sempre più cattivi. Se non cambieranno i meccanismi che oggi regolano il sistema, a partire dalla revisione del codice degli appalti della Pa, tra qualche mese potrebbe scattare lo stop all’accettazione dei ticket da parte di pizzerie, bar, ristoranti e supermarket. Questa la netta presa di posizione congiunta espressa ieri dai vertici nazionali di Fipe Confcommercio, Federdistribuzione, Ancc Coop, Confesercenti, Fida e Ancd Conad che definiscono del tutto insostenibile economicamente e «al collasso» il vigente sistema dei ticket.

«È un problema gravissimo per le aziende rappresentate dalle sei associazioni di categoria - dice Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe che incalza -. Sono uno sconcio le gare al massimo ribasso della pubblica amministrazione e la situazione è molto grave con la tendenza ad aumentare gli sconti». Il livello medio degli sconti con cui vengono aggiudicate le gare bandite da Consip è intorno al 20% con record che arrivano al 23%. In altre parole una società che emette buoni per gli enti della Pa del valore nominale di 10 euro se li vedrà pagare 8 euro.

Ma questo è solo il primo effetto distorsivo che penalizza esercenti e Gdo. Le società emittenti per sostenere il proprio business fanno poi pagare agli esercenti il canone per il noleggio mensile del Pos, terminale indispensabile per accettare i buoni elettronici, chiedono una fee per ogni transazione e, per finire, impongono una serie di servizi «opzionali ma obbligatori». In altre parole gli esercenti “restituiscono” lo sconto applicato in gara. Come se non bastasse il saldo per i buoni consegnati viene liquidato con tempi lunghi aumentando gli oneri finanziari degli esercizi. Alla fine il deprezzamento del valore nominale dei ticket arriva al 30%. «Oggi chiediamo una vera riforma del comparto» aggiunge Stoppani.

Da parte loro le altre associazioni rimarcano che «lo Stato non può fare pagare la propria spending review alle nostre imprese - dicono con una sola voce i vertici -. Così si mette a rischio un sistema che offre ogni giorno un servizio importante a tre milioni di lavoratori, si mettono in ginocchio decine di migliaia di piccole attività, la piccola e la grande distribuzione. Da non dimenticare che il buono pasto è un servizio che gode di importanti agevolazioni in termini di decontribuzione e defiscalizzazione».

Da qui la richiesta di una riforma radicale del sistema coinvolgendo il Mise e il ministero del Lavoro «con l’obiettivo di garantire il rispetto del valore nominale dei buoni pasto lungo tutta la filiera». Tra gli altri punti da affrontare c’è quello della garanzia solidale della stazione appaltante per i crediti, dei criteri di aggiudicazione con valenza tecnica, garanzia dei tempi di pagamento, dei contratti chiari in cui i servizi facoltativi lo siano realmente. Così i rappresentanti del 90% degli esercizi pubblici e del 90% dei supermarket chiedono di rifondare il sistema da zero. «La lettera ai ministeri partirà oggi (ieri per chi legge ndr) e chiediamo l’attivazione di un tavolo di confronto - aggiunge Donatella Prampolini presidente di Fida, la Federazione italiana dei dettaglianti dell’alimentazione -. Chiediamo la certezza della solvibilità delle emettitrici con un rating di affidabilità».

La fragilità del sistema è emersa nel 2018 con il crack da oltre 325 milioni di Qui!Group, società fondata da Gregorio Fogliani che era riuscita ad aggiudicarsi molti bandi Consip. Un default per altro annunciato da diverse inchieste giornalistiche che ha messo in ginocchio molti esercenti di tutta Italia. Ieri le sei associazioni hanno inoltre deciso di fare causa a Consip proprio per «avere sottovalutato le difficoltà finanziare di Qui!Group. Consip era a conoscenza già agli inizi del 2017 delle difficoltà della società di rimborsare i buoni pasto». Da qui la decisione di avviare una azione di responsabilità contro la centrale acquisti della Pa per omesso controllo. «Il mandato arriva dalla Fipe e un piccolo associato della bergamasca e ha l’appoggio di tutte le associazioni» spiega l’avvocato Massimo Raniera dello studio Ranieri Guaccero Cornetta.

Per quanto ieri le associazioni si sono mosse compatte e le più agguerrite sembrano Fipe e Fida, molto più propense a uno stop dell’accettazione dei buoni pasto a causa delle pesanti iniquità che oggi penalizzano gli esercenti. Sembra un po’ più attendista la posizione di Federdistribuzione.

A distanza di poche ore è arrivata la risposta dell’Associazione nazionale società emettitrici buoni pasto (Anseb) che riconosce che deve essere rivisto il sistema di gare al massimo ribasso in modo da premiare la qualità, ma sottolinea che «il mercato del buono pasto è sano e in crescita» e che l’abbassamento della detrazione fiscale sul buono pasto cartaceo a 4 euro e l’innalzamento del valore defiscalizzato dei buoni pasto elettronici a 8 euro, rappresenta «una misura che riconosce ai lavoratori un incremento di 400 euro non tassati all’anno». Come controproposte l’Anseb chiede «la verifica della solidità degli emettitori, incrementare la trasparenza del mercato e istituire una commissione nazionale».

Non manca la presa di posizione del Codacons che ignorando le richieste degli esercenti annuncia nel caso dello stop al ritiro dei ticket una class action.

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