Rapporti di lavoro

Doppio premio al lavoratore con il welfare in natura

di Alessandro Germani

La tematica della detassazione dei premi di risultato da sempre riveste notevole rilevanza, consentendo al lavoratore di ottenere parte della retribuzione completamente detassata e al datore di dedurre fiscalmente il costo. Particolarmente interessanti sono le forme di welfare di produttività o aziendale, più flessibili rispetto alle rigide condizioni previste dal welfare sindacale. Quanto a quest’ultimo, l’articolo 1, commi 182 e 186, della legge 208/15 ha previsto la possibilità di detassare i premi di risultato, nel limite di 3mila euro (4mila per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro) per i dipendenti con una retribuzione annua lorda entro gli 80mila euro annui. Ciò, tuttavia, in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali di cui all’articolo 51 del Dlgs 81/15.

Il welfare di risultato, introdotto dal comma 184 della legge 208/15, dà invece la possibilità di convertire il premio di risultato oggetto di detassazione in beni e servizi esenti da imposizione. Si passa quindi da un premio in denaro a uno in natura, con vantaggi fiscali che possono essere interessanti. La legge 232/16 ha previsto, infatti, che i limiti di non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente per la contribuzione versata alla previdenza complementare (5.164,57 euro) e ad enti o casse aventi finalità assistenziali (3.615,20 euro) non si applicano nel caso in cui i versamenti sono finanziati tramite la conversione del premio di produttività oggetto di detassazione.

In generale costituiscono erogazioni per il welfare aziendale (articolo 51, comma 2 del Tuir):

le opere e i servizi di utilità sociale (lettera f),

le somme, prestazioni e servizi di educazione e istruzione (lettera f-bis),

le somme e prestazioni per servizi di assistenza a familiari anziani o non autosufficienti (lettera f-ter),

i contributi e premi per rischio di non autosufficienza e gravi patologie (lettera f-quater).

Le opere e i servizi di utilità sociale sono sia quelli riconosciuti volontariamente dal datore di lavoro, sia in conformità a disposizioni di contratto, accordo o regolamento aziendale. Si differenziano rispetto ai casi delle lettere f-bis e f-ter in quanto non comprendono somme di denaro erogate ai dipendenti a titolo di rimborsi di spese, anche se documentate, da impiegare per opere e servizi aventi le citate finalità (circolare 28/E/16).

La fattispecie della lettera f-bis può riguardare le rette scolastiche, le tasse universitarie, i libri di testo scolastici, gli incentivi economici a studenti meritevoli, ma anche le spese sostenute dal dipendente per l’acquisto di dispositivi in favore di familiari con Dsa (risposta a Telefisco 2020). Peraltro, in base al comma 3-bis l’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale.

I servizi e le somme devono essere destinati alla generalità dei lavoratori dipendenti o a categorie; se sono invece a disposizione solo di taluni costituiscono fringe benefit e sono tassati come reddito di lavoro dipendente (circolare 238/00).

In quest’ambito assumono rilevanza i piani di welfare Mbo (management by objectives), collegati a risultati di performance stabiliti fra l’azienda e il dipendente, con possibilità di convertire parte del premio di risultato in credito welfare. Così in capo al dipendente l’importo lordo (ad esempio, 10mila euro) finalizzato alla retta scolastica dei figli non verrà tassato e in capo al datore vi sarà un risparmio fiscale e contributivo. A differenza del welfare sindacale, c’è elasticità in assenza tanto del vincolo della retribuzione annua lorda di 80mila euro quanto dei 3mila euro come limite di premio di risultato convertibile. È esclusa, tuttavia, l’interscambiabilità fra credito welfare e bonus cash, giacché il primo può essere fruito solo sotto forma di beni o servizi welfare.

L’interpello 954-1417/16 ha chiarito che il credito welfare può essere riconosciuto sia ai lavoratori dipendenti, sia agli amministratori, commisurandolo alla retribuzione annua lorda per i primi e alle partecipazioni al Cda per i secondi. L’interpello 904-791/17 ha ammesso un piano welfare su piattaforma informatica, purché il budget assegnato, in caso di non utilizzo, non venga convertito in denaro e rimborsato al lavoratore in quanto l’esenzione da imposizione è riferibile unicamente alle erogazioni in natura.

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