Rapporti di lavoro

I talenti?Per motivarli il focus è su salute e benessere

di Cristina Casadei

Nella storia della carriera di molti manager e di molti lavoratori, questo è forse il momento in cui non è mai stato così difficile motivare le persone. È il momento, questo, in cui alle organizzazioni si chiede di «investire sul benessere fisico e psichico dei lavoratori - sostiene Marco Valerio Morelli, amministratore delegato di Mercer Italia -. Per 2 motivi: il primo attiene alla dimensione di responsabilità sociale che sempre più le corporate stanno vivendo come uno dei valori fondamentali. Il secondo è un tema semplice: mens sana in corpore sano, che è quello che serve per portare maggiore energia e positività nell’ambiente organizzativo. In concreto questo vuol dire fare investimenti sull’assistenza sanitaria integrativa e sulla cultura dello stare bene in azienda, di avere un’alimentazione sana, di fare sport e di bilanciare vita privata e lavoro». È una considerazione che si lega al particolare momento che stiamo vivendo e ai risultati del Talent trends di Mercer che è arrivato alla sua decima edizione. Esprime la voce di 7.300 alti dirigenti, hr leader e dipendenti in 16 paesi, tra cui l’Italia. I trend nella gestione delle persone che sono stati identificati sono quattro: al primo posto la salute e il benessere, seguiti dal reskill delle competenze, dall’analisi dei dati e infine dalla employee value proposition.

Il focus sul futuro

Nel bel mezzo dell’emergenza sanitaria del Covid-19 che va affrontata adesso, ma soprattutto andrà gestita nei prossimi mesi, i capi azienda devono necessariamente avere lo sguardo anche verso il futuro. Le chiusure temporanee di molte aziende manifatturiere e il lavoro da remoto per tutti i professionisti che possono farlo, hanno generato un mutamento radicale nelle grandi organizzazioni, di cui non è dato ancora immaginare l’impatto. Le organizzazioni leader nel mondo adottano una prospettiva orientata al futuro per i collaboratori supportando attivamente stili di vita sani e fornendo ai dipendenti supporto ad ampio spettro, anche sui temi del benessere finanziario. Questa tendenza a livello globale riguarda quasi la metà delle aziende, ma è ancora piuttosto debole in Italia dove si ritrova in un caso su tre. «L’emergenza sanitaria attuale sta comportando, necessariamente, un veloce ripensamento da parte delle direzioni hr rispetto a questo dato, “forzando la mano” alle aziende perché si prendano cura della forza lavoro rispetto alla dimensione della salute, intesa sia dal punto di vista fisico che emotivo», interpreta Morelli.

La flessibilità

Gli esempi delle rimodulazioni di orario e di lavoro da una sede diversa rispetto a quella aziendale sono una costante di molti milioni di lavoratori italiani in questi giorni: le ultime stime hanno mostrato che il bacino dei potenziali smart worker è davvero molto più vasto di quanto si potesse immaginare e che, per la necessità di garantire la continuità produttiva, si sono lanciate nella sperimentazione anche realtà che non hanno mai sostenuto il lavoro da remoto. Il 40% delle risorse umane in Italia dice che il lavoro flessibile è presente in tutta l’organizzazione, un lavoratore su due (il 52%) sostiene di aver ricevuto una formazione ad hoc per poter affrontare la sfida del remote working , ma per il 42% la politica della flessibilità non è ampiamente promossa: a livello globale quest’ultimo dato è più basso ed è un lavoratore su tre a dare questa interpretazione.

Il reskill delle competenze

A livello globale c’è una tendenza molto forte al reskill delle competenze. Il contesto di cambiamento tecnologico e di disruption, portato dall’intelligenza artificiale, in Italia preoccupa un alto dirigente su due: a livello globale questo dato è più alto e raggiunge il 62%. Quello che cambia tra il nostro paese e il resto del mondo riguarda anche la mappatura delle competenze. Se a livello globale è emersa la necessità di averne una nel 40% dei casi, in Italia questa necessità riguarda il 58% delle direzioni hr. Diverse le sfumature: di priorità parlano infatti il 44% dei nostri vertici aziendali, di contributi sistemici non sufficienti parla invece il 29% dei direttori hr in Italia contro il 21% a livello globale. Questi dati fanno ipotizzare a Morelli spazi «di futura collaborazione con tutti gli attori coinvolti sul tema della formazione, dall’Università all’azienda, per progettare percorsi di continuous learning», spiega. Ipotesi che trova il favore del 42% dei dipendenti italiani e del 47% su scala internazionale.

L’uso dei dati

Anche per le direzioni hr la raccolta, l’analisi e l’interpretazione dei dati sono il petrolio della gestione delle organizzazioni per il futuro. Non è un caso che emerga una disciplina come il People analytics ossia l’uso dell’analisi predittiva negli hr: il suo uso, negli ultimi cinque anni, è passato dal 10 al 39%, ma, nonostante questo forte aumento, solo il 43% delle organizzazioni usa metriche predittive rispetto alla possibilità di dimissioni del dipendente e quindi alla necessità di intervenire per aumentarne l’engagement: il 18% conosce l’impatto delle strategie retributive sulla performance, mentre solo il 12% utilizza gli analytics per correggere gli squilibri tra le popolazioni aziendali.

L’agenda della C-suite

In Italia, per i prossimi 12 mesi solo il 2% dei top executive prevede un aumento della concorrenza per i migliori talenti: questa percentuale sale al 17% a livello globale. Proprio per questo la scelta è di concentrarsi sui talenti che sono già nel perimetro aziendale e di tenere conto di quelle analisi predittive che consentono di capire il profilo del candidato che rimarrà più a lungo in azienda e quale sia la formazione più efficace. Lo stesso dicono i direttori hr che, nel 45% dei casi in Italia e nel 41% a livello globale, preferiscono concentrarsi sui talenti interni. Un altro capitolo strategico è rappresentato dalle disparità retributive di genere dalla cui comprensione e soluzione gli hr ritengono di poter trarre grande beneficio.

Busta paga invariata

Per quest’anno, il 63% dei manager hr prevede salari sostanzialmente invariati, al netto dell’emergenza sanitaria in atto di cui dovrà essere valutato l’impatto nei prossimi mesi. Proprio per questo, secondo quanto emerge dal Talent trends di Mercer, le aziende per attrarre, trattenere e motivare i lavoratori dovranno puntare sulla loro employee value proposition e sulle tematiche legate all’ambiente, al sociale e alla governance (environmental, social e governance che vanno sotto la sigla Esg). Economia ed empatia saranno due parole che entreranno stabilmente nel lessico delle organizzazioni: in Italia oltre la metà (58%) di dirigenti nei prossimi due anni ritiene cruciale una maggiore responsabilità delle aziende sui temi Esg e sull’ambiente in particolare, contro il 36% a livello globale. Un punto di riferimento arriva anche dal business: il 46% degli executive a livello globale ha infatti rilevato l’interesse del mercato verso i prodotti etici come una tendenza in crescita, un dato di gran lunga superiore a quello emerso a livello globale. «I dati del Talent trends – conclude Morelli - mostrano che i dirigenti italiani considerano le loro organizzazioni pronte al cambiamento. Le risorse umane stanno lavorando per identificare gli ostacoli e hanno fiducia nella leadership: questo è un messaggio positivo per il sistema paese per affrontare una situazione inedita e soprattutto le sue conseguenze».

I trend per la gestione dei talenti nel 2020

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