Rapporti di lavoro

Su aggiornamento del Dvr e sorveglianza sanitaria le regioni procedono in ordine sparso

di Mario Gallo

L’iperproduzione normativa di queste ultime settimane appare, ormai, senza limiti; dopo l'emanazione dei Dpcm 8, 9 e 11 marzo 2020 e l'accordo raggiunto dalle parti sociali, con l'intervento del Governo, il 14 marzo con l'adozione del protocollo condiviso sulla salute e la sicurezza sul lavoro per la gestione di questa fase emergenziale, anche diverse regioni e aziende sanitarie locali sono scese in campo nel tentativo di chiarire alcuni adempimenti in materia che gravano sui datori di lavoro.

E' necessario sottolineare che il citato protocollo del 14 marzo 2020 non è entrato nel merito dell'applicazione del D.Lgs. n.81/2008, e successivamente l'art. 1, c.3, del D.P.C.M. 22 marzo 2020, ne ha riconosciuto un'efficacia generale per tutte le attività produttive non sospese; di conseguenza ancora oggi le aziende si trovano a dover fare i conti con una disciplina che presenta molte criticità sul piano applicativo, specie per quanto riguarda l'aggiornamento del documento di valutazione dei rischi e la sorveglianza sanitaria dei lavoratori e, per tale motivo, i provvedimenti regionali assumono una notevole rilevanza.

L'aggiornamento del DVR.
Concentrando l'attenzione su alcuni dei provvedimenti più significativi di questi giorni va rilevato che la Regione Veneto con nota del 23 marzo 2020 (v.8) nel fornire indicazioni operative per la tutela della salute negli ambienti di lavoro non sanitari, ha ribadito nuovamente che in questa fase di emergenza prevalgono esigenze di tutela della salute pubblica e "non si ritiene giustificato l'aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi in relazione al rischio associato all'infezione da SARS-CoV-2 (se non in ambienti di lavoro sanitario o socio-sanitario, esclusi dal campo di applicazione del presente documento, o comunque qualora il rischio di infezione da SARS-CoV-2 sia un rischio di natura professionale, legato allo svolgimento dell'attività lavorativa, aggiuntivo e differente rispetto al rischio per la popolazione generale)".

Diversamente "può essere utile, per esigenze di natura organizzativa/gestionale, redigere, in collaborazione con il Servizio di Prevenzione e Protezione, con il Medico Competente e con i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza, un piano di intervento o una procedura per la gestione delle eventualità sopra esemplificate, adottando un approccio graduale nell'individuazione e nell'attuazione delle misure di prevenzione, basato sia sul profilo del lavoratore (o soggetto a questi equiparato), sia sul contesto di esposizione".

Tale posizione interpretativa è stata fatta sostanzialmente propria anche dall'Ispettorato Nazionale del Lavoro con la nota 13 marzo 2020, n.89, dove sono fornite istruzioni ai propri uffici.

In merito anche la Regione Marche sembra che abbia assunto una posizione simile con la "Nota informativa per le aziende del territorio marchigiano, nel periodo di epidemia da nuovo coronavirus" del 6 marzo 2020.

Analoga posizione è stata assunta anche da alcune aziende sanitarie locali; è il caso, ad esempio, dall'ATS Isubria della Regione Lombardia, che con una nota pubblicata lo scorso 2 marzo nelle FAQ rivolte ad aziende e lavoratori ha tenuto a precisare che "Il Datore di Lavoro deve fornire informazioni ai lavoratori, anche mediante redazione di informative (o utilizzando opuscoli a disposizione, come quello redatto dal Ministero della Salute e dall'Istituto Superiore di Sanità, che indica i 10 comportamenti da adottare per prevenire la diffusione del virus) e adottare precauzioni utili a prevenire l'affollamento e/o situazioni di potenziale contagio. Il documento di valutazione dei rischi dovrà essere aggiornato solo per i rischi specifici connessi alla peculiarità dello svolgimento dell'attività lavorativa, ovvero laddove vi sia un pericolo di contagio da COVID-19 aggiuntivo e differente da quello della popolazione in generale. Diversamente risulta fondamentale adottare le precauzioni già note e diffuse dal ministero della Salute, declinandole alla specificità dei luoghi e delle attività lavorative".

Alcune ulteriori specificazioni, che vanno sempre in tale direzione, sono state espresse anche dall'USL Umbria 2, che nella nota 12 marzo 2020, ha precisato che per le aziende nelle quali esiste a priori un rischio biologico di tipo professionale, per uso deliberato di agenti biologici e/o un rischio biologico di tipo professionale connaturato alla tipologia dell'attività svolta "è ipotizzabile che il Datore di Lavoro debba verificare se nella Valutazione dei Rischi ex art. 271 del D.Lgs. 81/08, le misure di prevenzione e protezione già adottate risultino adeguate o meno ai fini del controllo dell'esposizione a SARS-CoV-2 e della sua trasmissione"; per le altre aziende, invece, in cui l'esposizione a SARS-CoV-2, potenziale o in atto, non è connaturata alla tipologia dell'attività svolta il rischio biologico da SARS-CoV-2 "è quindi riconducibile al concetto di rischio generico e vanno semplicemente applicate e rispettate tutte le disposizioni di prevenzione e protezione stabilite con norme e direttive ad hoc in sede nazionale e regionale, valide per la popolazione generale ai fini del contenimento della diffusione del virus".

Sorveglianza sanitaria.
Per quanto, invece, riguarda la sorveglianza sanitaria le posizioni sono alquanto confuse; la Regione Veneto nella già citata nota 23 marzo 2020 ha precisato "che i lavoratori non effettivamente in servizio non debbano essere inviati alla visita medica periodica finalizzata all'espressione del giudizio di idoneità alla mansione, se in scadenza e/o scaduta"; si tratta di una posizione pienamente condivisibile in quanto nei casi di sospensione della prestazione sottoporre il lavoratore alla visita periodica da parte del medico competente, di cui all'art. 41, c.2, lett. b), del D.Lgs. n.81/2008, significherebbe solo favorire un'occasione di contagio.

Da osservare che lo stesso provvedimento fornisce anche utili indicazioni operative sui diversi scenari come, ad esempio, quello del lavoratore asintomatico durante l'attività lavorativa che successivamente sviluppa un quadro di COVID-19.

Una posizione, invece, molto più radicale è stata assunta dalla Regione Abruzzo che nell'Ordinanza 11 marzo 2020, n.4, al fine di limitare i movimenti delle persone e le attività, ha stabilito che fino al prossimo 3 aprile sono sospese le predette visite periodiche e i sopralluoghi già calendarizzati.

Accanto, poi, a tali provvedimenti si aggiungono, anche in questo caso, quelli delle aziende sanitarie locali, a volte differenti tra di loro.
Questo procedere in ordine sparso, quindi, sta complicando ulteriormente la gestione della safety in questa fase emergenziale, in quanto si sta realizzando una difformità di indirizzi a livello territoriale e ciò dimostra che, proprio in tali situazioni, l'attuale sistema di ripartizione delle competenze tra lo Stato e le Regioni genera ulteriori criticità.
Il risultato, quindi, è che ogni azienda è costretta a navigare a vista, tenendosi costantemente aggiornata sull'evoluzione dei provvedimenti e degli indirizzi espressi delle istituzioni locali.

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