Rapporti di lavoro

Test sierologici, ecco come valutare il ricorso allo strumento

di Daniela Ghislandi, Luca Mariani

Nell’attuale, e perfezionata, versione del Protocollo 24 aprile 2020 di regolamentazione della misure per il contrasto e il contenimento del fenomeno epidemico – elevato indirettamente a rango di norma primaria ex articolo 1, comma 14 del Dl 33/2020– è contenuta la previsione che, al fine di assicurare la più efficace tutela della salute dei lavoratori, possano essere adottate ulteriori e più incisive misure rispetto a quelle indicate dal Protocollo ogni qual volta ne sia emersa, anche su suggerimento del medico competente, la necessità alla luce della valutazione dei rischi (e previa consultazione delle rappresentanze sindacali aziendali).

Tra le misure ulteriori che consentono di dominare il rischio di contagio nei luoghi di lavoro si annovera il test sierologico qualitativo rapido. Nonostante il vigente ordinamento attribuisca rilevanza diagnostica alla sola metodologia basata sul rilevamento dell’Rna attraverso il tampone rino-faringeo, il test sierologico è in grado di offrire una precisa rappresentazione del quadro attuale delle fonti di rischio epidemico presenti nell'ambito di un'unità produttiva od operativa.

Dunque, se anche il ricorso a un test sierologico che rilevi la risposta anticorpale (Igm e Igg) non consente di appurare la positività di un lavoratore, tale misura prevenzionistica assume comunque rilievo sul piano della sostenibilità del programma di progressiva ripresa dell'attività dell'impresa (o, laddove siano rilevate specificità significative, di una singola unità produttiva od operativa). Infatti, tale metodologia diagnostica permette di i) individuare eventuali fonti di rischio (screening) e ii) orientare con tempestività - e in modo mirato - le azioni di contrasto previste dal protocollo aziendale.

La decisione ponderata di prevedere anche il ricorso al test sierologico quale misura prevenzionistica implica una serie di valutazioni e di operazioni preparatorie di seguito brevemente esposte, senza pretesa di esaustività:

-la disciplina emergenziale non contempla un espresso raccordo né con riferimento al Dlgs 9 aprile 2008, n. 81 né con l'articolo 5 della legge 300/1970, secondo il quale sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sull’idoneità e l'infermità per malattia o infortunio del lavoratore. L’effettuazione (periodica) di test sierologici, che esige peraltro un perfetto coordinamento con le disposizioni vigenti in materia di trattamento dei dati personali, necessariamente mediato dal medico competente designato dal datore di lavoro che è al contempo responsabile del trattamento ai sensi dell'articolo 28 del regolamento (UE) 679/2016 del 27 aprile 2016 (Gdpr), è subordinata all'espressa volontà del lavoratore di sottoporvisi. L'eventuale diniego di un lavoratore può dunque compromettere l'efficacia della misura e vanificare gli sforzi finanziari intrapresi dal datore di lavoro;

- l’adozione di test sierologici comporta la definizione di un’apposita procedura che regoli le modalità di svolgimento dell'esame e l’iter al quale il lavoratore risultato positivo è tenuto ad attenersi. Tale procedura è articolata in modo che, ove vigente, sia assicurata l’osservanza della disciplina regionale. Il raccordo tra la normativa regionale e la procedura aziendale potrebbe rivelarsi particolarmente complessa quando, ad esempio, l’impresa si componga di più unità produttive stabilite in Regioni differenti, così come nell’ipotesi in cui l’unità produttiva presso la quale il lavoratore risultato positivo è occupato sia ubicata in una Regione differente da quella di residenza (non è remota l’eventualità che risulti controversa l'attribuzione della competenza delle Autorità sanitarie appartenenti a Regioni differenti);

- il Protocollo aziendale di contrasto al contagio – innestato nel documento di valutazione dei rischi di cui all’articolo 28, comma 2 del Dlgs 9 aprile 2008, n. 81 - è bene indichi sia i presupposti che in tema di sorveglianza sanitaria sono stati posti a fondamento della decisione di ricorrere a test sierologici che l'intera procedura, opportunamente integrata con il preesistente sistema di prevenzione e protezione e armonizzata, come detto, con le discipline regionali applicabili. La disciplina regionale vigente può subordinare l'effettuazione di test sierologici qualitativi alla presentazione di un'apposita istanza e alla successiva espressa autorizzazione (Dgr della Regione Emilia Romagna 16 aprile 2020, n. 350);

- predisposizione e consegna di un'adeguata informativa destinata alla generalità dei lavoratori mediante la quale i) sia evidenziato che l'esame è subordinato all'espresso formale consenso del lavoratore ii) siano esplicitati i presupposti normativi nonché le ragioni fondanti la decisione di ricorrere al test sierologico, iii) sia indicata la periodicità d'effettuazione dell'esame, iv) siano illustrati gli effetti che un responso positivo dell'esame è stabilito produca sul lavoratore interessato e v) siano rese le informazioni prescritte dall'articolo 13 del Gdpr .

Ad esempio, l'assenza dal lavoro a seguito della appurata positività al test sierologico qualitativo e all'obbligo di porsi in isolamento fiduciario non è detto sia qualificato - e indennizzato - come periodo di malattia. In tal caso, il datore di lavoro può adottare un proprio regolamento, attraverso il quale sia introdotto un eventuale miglior trattamento per il lavoratore risultato positivo.

Date le esternalità positive che una diffusa applicazione di test sierologici in ambito lavorativo riflette sull'intero tessuto socio-economico e alla luce di normative regionali che ne promuovono il ricorso (il rinvio è inteso, a mero titolo esemplificativo, al progetto pilota di cui al Dgr della Regione Veneto del 12 maggio 2020, n. 601), sarebbe stato ragionevole includere anche il test sierologico nell'elenco delle misure per la cui implementazione potrà essere riconosciuto al datore di lavoro un incentivo compreso tra euro 15mila e euro 100mila ex articolo 95 del Dl 19 maggio 2020, n. 34.

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