Rapporti di lavoro

Smart working: il salto di qualità in 10 punti chiave

di Giampiero Falasca e Valentina Melis

Dopo lo smart working “di massa” dovuto all’emergenza sanitaria, in queste settimane di graduale rientro al lavoro dei dipendenti, le aziende stanno studiando la formula di lavoro agile da usare nei prossimi mesi,con un doppio obiettivo: favorire un’alternanza delle persone negli uffici, come misura di sicurezza anti Covid, e usarlo come leva per incrementare la produttività e il benessere dei lavoratori.

Secondo la Fondazione studi dei consulenti del lavoro, quasi il 40% del personale delle aziende con più di due addetti, impiegato in smart working durante il lockdown, è tornato in sede, e sono 3,8 milioni i dipendenti privati e pubblici occupabili in modalità “agile”, i quali ,cioè, per il tipo di attività svolta, non devono per forza lavorare in ufficio.

«È plausibile - spiega Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio smart working del Politecnico di Milano - che un numero compreso fra tre e quattro milioni di persone continui a lavorare in modalità agile, fino a due- tre giorni alla settimana». I giorni di lavoro agile prima del lockdown, secondo i dati dell’Osservatorio, erano meno di due alla settimana per lavoratore.

Le modalità semplificate e quelle a regime

La normativa di emergenza adottata nei mesi scorsi ha introdotto modalità semplificate per accedere allo smart working, ad esempio eliminando la necessità dell’accordo individuale con i lavoratori, ma non ha modificato a regime diritti e priorità previsti dalla legge 81/2017 sul lavoro agile. «Ora bisogna evitare - aggiunge Corso - di introdurre elementi di rigidità in una legge che è scritta bene e che dà margini molto ampi di flessibilità alle aziende. Piuttosto, saranno da aggiornare i contratti collettivi di lavoro».

Stando alle regole attuali, dal 1° agosto lo smart working torna alla normalità: il 31 luglio scade per i dipendenti del settore privato il regime “semplificato”. Per le nuove attivazioni, il rinnovo o la proroga dello smart working a partire dal 1° agosto, si applicano dunque le regole “ordinarie” della legge 81/2017. Per le aziende che hanno periodi di smart working già programmati con scadenza successiva al 31 luglio, resta valido il sistema attuale, purché non oltre il 31 dicembre (articolo 90 del Dl Rilancio, 34/2020).

Il regime semplificato si fonda, essenzialmente, su due capisaldi: la facoltà per l’azienda di imporre il passaggio al lavoro agile, senza dover chiedere il consenso del dipendenti, e la possibilità di svolgere in forma semplificata alcuni adempimenti obbligatori. In attesa di capire se la scadenza del 31 luglio sarà prorogata, le aziende iniziano a riflettere su come tornare all’applicazione della legge ordinaria, in modo da riprendere un percorso di utilizzo in chiave non solo emergenziale del lavoro agile e da trovare la formula più adatta alla propria organizzazione. Come evidenzia il decalogo in pagina, uno dei primi passi per il ritorno alle regole ordinarie è la stipula di un accordo individuale con ciascun lavoratore interessato. Questo accordo deve contenere alcuni elementi minimi e inderogabili.

Il primo aspetto da disciplinare è la modalità di svolgimento . Le parti possono introdurre regole sul tempo di lavoro fuori dall’ufficio (una o più volte a settimana), sulle procedure da seguire per accedere a questa modalità (richiesta al superiore con un congruo preavviso, invio di una email all’ufficio del personale) e sui luoghi di svolgimento della prestazione: Oppure possono lasciare maggiori spazi di flessibilità al lavoratore.

Accordi individuali, collettivi e policy interne

Un altro aspetto che deve essere regolato nell’accordo di lavoro agile è la gestione degli strumenti informatici: chi li fornisce, come devono essere custoditi e quali conseguenze (anche disciplinari) si applicano in caso di loro smarrimento.

È obbligatorio, poi, regolamentare il diritto alla disconnessione: nell’accordo di smart working le parti devono definire in quali e quanti momenti il lavoratore che svolge la prestazione fuori dai locali aziendali può e deve staccare ogni collegamento digitale, a tutela della propria salute.

La legge richiede solo l’accordo individuale come requisito per avviare il lavoro agile, mentre nulla dice in merito alla necessità di un accordo collettivo. Tuttavia, l’esperienza concreta di questi anni ha dimostrato una grande vitalità delle relazioni industriali su questo tema: moltissime aziende hanno stipulato accordi di secondo livello per disciplinare questa forma di lavoro, e anche i contratti nazionali iniziano a dedicare attenzione al tema. Questi accordi collettivi, anche se non sono previsti dalla legge, diventano vincolanti per le aziende se fanno parte di contratti che il datore di lavoro applica come vincolanti. È opportuno, quindi, quando si attiva il lavoro agile, verificare tutte le fonti collettive applicabili al rapporto.

Un’altra fonte che può concorrere a integrare l’accordo individuale è la policy aziendale. Ciascun datore è libero di approvare un regolamento interno, o strumenti analoghi, nel quale sono definite le linee guida comuni che intende adottare per sottoscrivere gli accordi individuali di lavoro agile.

Il decalogo

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