Rapporti di lavoro

Lavoro post Covid-19: per 7 partite Iva su 10 l’attività non tornerà come prima

di Antonio Noto

Mentre la maggioranza degli italiani si dice favorevole al Mes, l’emergenza lavoro non è affatto terminata e le conseguenze del Covid si percepiscono su tutte le categorie di occupati, dipendenti privati e partite Iva, che stanno subendo una forte diminuzione di reddito e sono sempre più preoccupati e sfiduciati verso il futuro. Ma ci sono differenze perché - come evidenzia l’indagine dell’istituto Noto Sondaggi - la crisi nell’immediato sta colpendo maggiormente lavoratori autonomi, piccoli imprenditori e liberi professionisti, anche per il fatto che se per i dipendenti c’è l'utilizzo della cassa integrazione, per gli autonomi non sono previste forme di assistenza durature al reddito.

Il 28% dei dipendenti nel settore privato è, infatti, in cassa integrazione, mentre un ulteriore 20% lavora di meno rispetto a prima dell’emergenza sanitaria. Tra questi un po’ più della metà, il 56%, confida che nei prossimi mesi la situazione migliorerà. Questa percentuale però scende di molto tra i lavoratori a partita Iva: solo il 28% - la metà rispetto ai dipendenti - prevede di ritornare ai livelli di reddito pre-Covid. Tra gli autonomi, il 39% teme di non lavorare affatto nei prossimi mesi, il 32% invece è convinto che lavorerà di meno,per un totale che arriva al 71 per cento.

La disoccupazione (fonte Banca centrale europea) sarebbe salita al 25% se otto milioni di italiani non fossero stati messi in cassa integrazione, ma chi vive questa condizione non è affatto rassicurato dal pericolo scampato. Il 30% dei dipendenti privati che ne fruiscono teme di essere comunque licenziato, il 53% ha diminuito di molto i consumi e il 14% sta andando avanti grazie a prestiti di amici e familiari. Quasi tutti poi quelli che temono il licenziamento (87%) considerano molto difficile trovare un nuovo lavoro.

Importante sottolineare, inoltre, come certe abitudini non cambino mai: la crisi e le difficoltà nel trovare nuove opportunità professionali non spingono i dipendenti privati verso le politiche attive, per esempio a seguire programmi di formazione lavoro. Solo il 21% è intenzionato a farlo; tutti gli altri continuano in maggioranza ad affidarsi alla consueta rete di amici e parenti e al passaparola.

Ma come fare a trovare un’altra occupazione visto che, come sottolineato dall’Istat dall’inizio della pandemia, sono andati in fumo 600 mila posti? Il 73% delle partite Iva sembra più attivo nella ricerca di un nuovo lavoro, pur essendo consapevole che sarà molto difficile: si rimboccherà le maniche seguendo corsi di formazione (59%), rivolgendosi ai centri per l’impiego e seguendo le offerte su siti e giornali(21%).

Se ci si sposta dai dipendenti del privato ai liberi professionisti, ai commercianti e agli imprenditori, il quadro è comunque desolante. Il 59% lavora e guadagna molto meno rispetto a prima dell’emergenza e nel 76% dei casi teme che la situazione non cambierà nei prossimi mesi. Di questi, il 27% teme che non lavorerà proprio. Inoltre il 77% considera difficile trovare un nuovo lavoro e per quanto riguarda i commercianti il 30% pensa che non riprenderà più la propria attività, pur non avendo alternative lavorative.

Se nel campione del sondaggio ci si sposta su tutti gli italiani, compresi i dipendenti pubblici - certamente più tutelati almeno rispetto al rischio di licenziamento - lo scenario percettivo cambia e le percentuali sono di conseguenza diverse. Il 41% di tutta la popolazione adulta italiana non ha registrato diminuzioni delle proprie entrate e quasi uno su due prevede che la propria situazione lavorativa nei prossimi anni resterà uguale, mentre il 18% ha riscontrato diminuzioni di incassi superiori al 50 per cento.

Si è voluto anche stimare l’impatto sull’opinione pubblica dei 209 miliardi del Recovery fund. La metà degli intervistati ritiene che non cambierà nulla sotto il profilo occupazionale, il 29% ritiene che i fondi vadano investiti in infrastrutture, il 27% nell’economia Green, l’8% sull’alta velocità al Sud, a cui si aggiunge un 4% che invoca risorse da mettere sul ponte di Messina. Per quanto invece riguarda la questione Mes, tra gli italiani prevale il concetto che il Governo Conte dovrebbe accettare questo prestito: la pensa così il 54% degli intervistati, che giudicherebbe in maniera positiva l'investimento dei 37 miliardi di euro nel settore della sanità.

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