Rapporti di lavoro

Fuori dal divieto procedure disciplinari e dirigenti

di Daniele Colombo

Il divieto dei licenziamenti (con eccezioni) previsto dal decreto Agosto (Dl 104/2020) riguarda i licenziamenti collettivi e quelli individuali per motivo oggettivo (anche plurimo) e, quindi, non si estende alle fattispecie di recesso datoriale che nulla hanno a che fare con i licenziamenti per motivi economici.

Le aziende possono dunque licenziare dei lavoratori per ragioni disciplinari (giusta causa e giustificato motivo soggettivo). Si tratta dei recessi intimati dal datore di lavoro per gravi inadempimenti del lavoratore alle proprie obbligazioni contrattuali, da irrogare solo in seguito al rispetto della procedura prevista dall’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori (legge 300/1970).

In questo periodo, inoltre, datore di lavoro e lavoratore potranno risolvere consensualmente il rapporto di lavoro, anche se questa soluzione non permette al lavoratore di ottenere la Naspi, tenuto conto che le procedure per il tentativo obbligatorio di conciliazione prodromico al licenziamento per giustificato motivo oggettivo per i lavoratori ancora soggetti all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sono sospese per effetto del Dl 104/2020.

Il datore di lavoro può intimare validamente i licenziamenti per mancato superamento del periodo di prova, così come quelli per superamento del periodo di comporto. Quest’ultima fattispecie, infatti, che esula dall’organizzazione aziendale, esclude che il recesso possa rientrare nella categoria del giustificato motivo oggettivo.

Il divieto di licenziamento non opera nemmeno in caso di licenziamento dei dirigenti, posto che a questi ultimi non si applica l’articolo 3 della legge 604/1966. Su questo punto, tuttavia, sarebbe auspicabile un intervento del legislatore in sede di conversione, tenuto conto che i dirigenti rientrano nel blocco se coinvolti in procedure di licenziamento collettivo attivate successivamente al 23 febbraio 2020.

Non sono soggetti a sospensione i recessi del datore di lavoro in seguito della scadenza del periodo di apprendistato e le cessazioni dai contratti a termine (anche in somministrazione) per scadenza del termine del contratto.

Il divieto di licenziamento si estende invece ai licenziamenti per inidoneità sopravvenuta della prestazione lavorativa, inclusi dalla giurisprudenza di legittimità a tutti gli effetti nella categoria dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo. Anche l’Ispettorato nazionale del Lavoro (Inl) è sulla stessa linea. Con la nota 298 del 24 giugno 2020, infatti, l’Ispettorato ha evidenziato che anche l’ipotesi del licenziamento per sopravvenuta inidoneità alla mansione deve ritenersi inclusa tra le fattispecie del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, in base all’articolo 3 della legge 604/1966.

Da ultimo, si deve ritenere che “sfuggano” al divieto anche i licenziamenti per raggiungimento dei limiti di età per la fruizione del pensionamento di vecchiaia.

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