Rapporti di lavoro

Sorveglianza sanitaria mirata sui lavoratori più a rischio

di Aldo Bottini

In mancanza di espressa previsione ad opera del Dl 83/2020, la «sorveglianza sanitaria eccezionale» non è più obbligatoria dallo scorso 1° agosto. La circolare 13 del 4 settembre dei ministeri del Lavoro e della Salute risolve il dubbio sulla proroga o meno dell’obbligo del datore di lavoro di garantire la sorveglianza ai dipendenti maggiormente a rischio di contagio da Covid-19 (articolo 83 del Dl 34/2020), sollevato dal Sole 24 Ore con un articolo del 21 agosto scorso.

Quindi viene meno l’obbligo del datore di lavoro di attivarsi di propria iniziativa per effettuare la sorveglianza sanitaria eccezionale nei confronti dei dipendenti maggiormente a rischio di contagio (per età, immunodepressione, patologie oncologiche o altre malattie), che comportava addirittura la nomina temporanea (per il periodo emergenziale) del medico competente o l’utilizzo dei medici del lavoro Inail per quelle aziende non tenute alla nomina del medico competente.

Ciò non significa, però, che possa essere completamente trascurato il tema della sorveglianza sanitaria con riferimento al rischio di contagio da Covid-19, come la stessa circolare ricorda. Vi sono infatti altre disposizioni che rimangono in vigore e devono quindi essere considerate.

Va anzitutto ricordato che il protocollo condiviso tra Governo e parti sociali del 24 aprile 2020, la cui applicazione è tuttora considerata dalla legge adempimento dell’obbligo di sicurezza di cui all’articolo 2087 del Codice civile (articolo 29 bis del Dl 23/2020), contempla il coinvolgimento del medico competente per l’identificazione dei soggetti «con particolari situazioni di fragilità», nei confronti dei quali «è raccomandabile che la sorveglianza sanitaria ponga particolare attenzione».

Inoltre, pur nel venir meno di un generale obbligo di attivazione della sorveglianza sanitaria, non va dimenticato che la stessa deve essere effettuata dal medico competente qualora il dipendente ne faccia richiesta, se il medico stesso la ritiene correlata ai rischi lavorativi (articolo 41 del Dlgs 81/2008), correlazione che non può certo essere disconosciuta nella situazione attuale.

Infine, è prorogata al 15 ottobre 2020 la norma che prevede il diritto allo smart working (a condizione che sia compatibile con la mansione) per i lavoratori maggiormente esposti al rischio di contagio da Covid-19, sulla base dell’accertamento del medico competente. Se ne deduce che, in caso di richiesta del dipendente finalizzata al riconoscimento del diritto al lavoro agile sino al termine del periodo di emergenza, ovvero alla valutazione della propria idoneità alla mansione lavorativa in considerazione della condizione di fragilità, il datore di lavoro dovrà comunque investire il medico competente per gli accertamenti del caso e la formulazione del relativo giudizio medico-legale. Nel caso in cui l’azienda non sia tenuta alla nomina del medico competente, la circolare precisa che il lavoratore potrà essere inviato a visita presso enti pubblici e istituti specializzati di diritto pubblico, tra i quali l’Inail, le aziende sanitarie locali, i dipartimenti di medicina legale e di medicina del lavoro delle università.

Nell’emettere il proprio giudizio circa la condizione di fragilità, afferma la circolare, si dovrà considerare che il parametro dell’età, da solo, non costituisce elemento sufficiente per definire tale condizione. La maggiore fragilità delle fasce di età più elevate va infatti intesa «congiuntamente alla presenza di comorbilità che possono integrare una condizione di maggior rischio». In altre parole, l’età da sola non rende “fragili” ai fini del riconoscimento delle relative tutele.

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