Rapporti di lavoro

Sicilia, Pmi a caccia di lavoratori: «Paradossi del reddito di base»

di Nino Amadore

C’è il ristoratore che non trova camerieri e c’è l’imprenditore dell’edilizia che invece non riesce a trovare operai. Ma la situazione è generalizzata anche in altri settori, manifattura compresa. E tutti raccontano la stessa storia: «Spesso riusciamo a trovare la figura giusta ma quando chiediamo di portare i documenti per regolarizzare il contratto rispondono: no, abbiamo il reddito di cittadinanza e non vogliamo perderlo. Se vuole possiamo lavorare in nero». Così una misura sociale, nata per sostenere soggetti in difficoltà si è trasformata in molti casi, in incentivo a perpetuare la consuetudine del lavoro nero, spingendo al sommerso lavoratori a volte anche qualificati. Una situazione paradossale che in Sicilia si sta materializzando in parecchi settori. «Raccolgo sempre più spesso il grido d’aiuto di aziende disposte ad assumere persone con regolari contratti di lavoro e che si trovano di fronte il rifiuto di chi ha il Reddito di cittadinanza e preferisce non lavorare - dice Alessandro Albanese, vicepresidente vicario di Sicindustria -. Io penso che questa misura, così come è congegnata, non serva a nessuno: né al lavoratore né alle imprese. E che condizioni pesantemente il mercato del lavoro in una terra come la nostra».

Le storie non mancano. «Io - racconta Eugenio Randi, titolare insieme ad altri soci del ristorante “Ciccio in pentola”, nel centro storico di Palermo - non riesco a trovare addetti alle pulizie italiani e in altri casi, per esempio nella nostra pizzeria Ciccio passami l’olio, molto spesso ci siamo sentiti rispondere di no perché avevano il reddito di cittadinanza. Certo questo prima del lockdown perché ora, anche con le regole di distanziamento sociale, abbiamo ridotto i coperti ma il problema resta. Io continuo a pensare che al centro della ripresa vi siano le aziende ed è alle aziende che bisognerebbe pensare. Faccio un esempio: noi paghiamo i contributi sulla quattordicesima mensilità ma i nostri dipendenti si lamentano: noi, mi dicono, quei contributi non li vediamo perché la nostra pensione non prevede la quattordicesima». Per rimanere all’ambito della ristorazione ha fatto molto discutere la dichiarazione del presidente della Fipe Confcommercio Palermo Antonio Cottone, titolare della pluripremiata pizzeria La Braciera: «Ci ritroviamo in una situazione paradossale – dice – c’è una ricerca di gente da contrattualizzare a tempo determinato ma anche quest’anno stiamo avendo un po’ tutti grandi difficoltà a trovare gente che voglia lavorare. Abbiamo fatto diversi colloqui per inserire in organico gente da poter far lavorare nei nostri locali e ci è stato detto che preferivano percepire il reddito di cittadinanza e godersi così l’estate. Non sono assolutamente contrario al reddito perché in un momento di grande crisi sta aiutando tanta gente però questo tipo di assistenzialismo ha creato una voragine tra la domanda e l’offerta».

Si prenda poi l’agricoltura. L’allarme è arrivato da Trapani qualche settimana fa: la raccolta delle olive nella Valle del Belice in difficoltà per la mancanza di operai stagionali provenienti soprattutto dall’Est Europa a causa dell’epidemia di coronavirus ma anche per il rifiuto della manovalanza italiana che molto spesso percepisce il Reddito di cittadinanza. «A fronte dell’impiego di 4.000 unità di due stagioni fa, solo un 10% ha dato alle aziende la disponibilità alla raccolta della famosa nocellara del Belice tra Castelvetrano, Campobello e Partanna. Migliaia di quintali di olive rischiano di rimanere sugli alberi per mancanza di manodopera» hanno spiegato gli imprenditori. Non si può, ovviamente, generalizzare: la Sicilia è la seconda regione italiana per numero di domande accolte. Sono in totale, secondo gli ultimi dati Inps, 214.855 le domande dei nuclei familiari accolte che coinvolgono in totale 571.622 persone, in pratica una popolazione pari più del doppio di una città come Messina. A conti fatti più del 10 per cento dell’intera popolazione siciliana vive con il Reddito di cittadinanza che, sempre secondo i dati Inps, garantisce un reddito medio ai nuclei aventi diritto di 612,80 euro. Poco? Evidentemente abbastanza se molti preferiscono questo reddito (tutto l’anno) a uno stipendio pieno da cameriere o da operaio. «La verità - dice Giuseppe Raimondi , segretario regionale della Uil Sicilia con delega al mercato del Lavoro - è che spesso il percettore di Reddito di cittadinanza si trova di fronte un’offerta per un mese o due di attività. Accettando rischia solo di perdere il diritto al Reddito per un contratto di pochi giorni». E dunque che si fa? «Il sistema del reddito di cittadinanza dovrebbe essere a sostegno del mercato del lavoro - dice Claudio Barone, segretario della Uil siciliana -. La soluzione migliore potrebbe essere individuare percorsi di formazione professionale all’interno dell’azienda in modo da garantire al lavoratore un periodo di occupazione cui si somma un periodo di formazione i cui costi sono coperti dalle risorse del reddito di cittadinanza».

Per tornare ai dati Inps resta da capire bene la consistenza dei nuclei familiari: «Sappiamo - racconta un imprenditore che preferisce non essere citato - di gente che è andata ad abitare in un garage nemmeno arredato pur di fare la domanda per il reddito di cittadinanza: ha portato lì la residenza e si è presentato a Centro per l’impiego per fare domanda». Ma ci sono poi altre storie, come quella del dipendente che ha chiesto di essere licenziato perché, secondo lui, con il reddito di cittadinanza avrebbe guadagnato di più . Follia? Favole metropolitane? A sentire i racconti degli imprenditori sembra proprio di no.

Uno dei settori più in difficoltà è quello dell’edilizia: le imprese si trovano a fronteggiare la crescita della domanda grazie alla misura del 110% ma non trovano operai. Va detto che si tratta spesso di offerte di lavoro informali, frutto di rapporti diretti e non mediate dunque dai centri per l’impiego: il rifiuto del posto di lavoro non viene dunque certificato ai fini della possibile sospensione del reddito di cittadinanza. Confermo - dice Raimondi - i contatti non passano dai Centri per l’impiego che, tra l’altro, andrebbero potenziati: ci sono le risorse per assumere mille dipendenti ma il governo regionale non lo fa. E in generale bisognerebbe ripensare le politiche attive per il lavoro: noi abbiamo fatto le nostre proposte ma non abbiamo ricevuto grandi risposte». Intanto va cercata una strada per trovare un equilibrio. una cosa è certa: la grande maggioranza dei percettori di reddito di cittadinanza va formata, qualificata. Ma va trovata anche una soluzione affinché il Reddito di cittadinanza non diventi un alibi per giustificare il lavoro nero.

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