Rapporti di lavoro

Deducibili i contributi previdenziali facoltativi versati a fini di buonuscita

di Salvatore Servidio

Con la risposta a interpello 482/2020, l'agenzia delle Entrate conferma la deducibilità dal reddito complessivo dei contributi previdenziali versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, qualunque sia la causa che origina il versamento, in applicazione dell'articolo 10, comma 1, lettera e), del Tuir.

L’istante ha chiesto chiarimenti, per conto di dipendenti, in merito alla deducibilità dei contributi previdenziali versati facoltativamente alla forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, relativi al riscatto degli anni di laurea ai fini di buonuscita.

In particolare, le perplessità riguardano la corretta interpretazione dell'articolo 10, comma 1, lettera e), del Tuir, dopo che la Corte di cassazione, con ordinanza 436/2017, pronunciandosi negativamente con riferimento a un caso particolare, ha fatto nascere incertezze sul diritto alla deduzione sancito dalla norma fiscale.
Secondo l'istante, i contributi versati per il riscatto degli anni di studi ai fini della buonuscita rientrano tra gli oneri integralmente deducibili, al pari di quelli versati ai fini pensionistici.

Si premette che l'articolo 10, comma 1, lettera e), del Dpr 917/1986, prevede che dal reddito complessivo si deducono i contributi previdenziali e assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, nonché quelli versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, compresi quelli per la ricongiunzione di periodi assicurativi.

Al riguardo, l'agenzia delle Entrate ha già chiarito che i contributi versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza sono deducibili qualunque sia la causa che origina il versamento, che può rinvenirsi nei riscatti, nella prosecuzione volontaria del versamento dei contributi, nonché nella ricongiunzione di periodi assicurativi maturati presso altre gestioni previdenziali obbligatorie (risoluzioni 298/2002 e 25/2011; circolare 19/2020).

Nell'ordinanza 436/2017, in particolare, la Corte di cassazione ha stabilito che dall'imponibile ai fini dell'Irpef dovuta sull'indennità di buonuscita, che è erogata al dipendente dello Stato cessato dal servizio, non deve essere esclusa la quota di detta indennità correlata ai versamenti volontari effettuati dal dipendente per riscattare il periodo di studi universitari.

Ne segue che, in tema di determinazione della base imponibile Irpef, secondo l’articolo 2 della legge 482/1985, ove la formazione di una parte dell'indennità di buonuscita spettante al dipendente pubblico a tempo indeterminato venga alimentata con contributi interamente ed esclusivamente a carico del dipendente, versati volontariamente per servizi pre-ruolo ammessi a riscatto, tale parte dell'indennità non va sottratta all'imposizione fiscale ordinaria, posto che, in tal caso, la funzione del versamento consegue essenzialmente il riconoscimento normativo di un'anzianità convenzionale, con il beneficio della valutazione di periodi altrimenti non valutabili.

Nelle conclusioni, l'agenzia delle Entrate evidenzia che la pronuncia della Cassazione non riguarda l'interpretazione dell'articolo 10, comma 1, lettera e) del Tuir, bensì la determinazione dell'indennità di buonuscita (articolo 19, comma 2-bis, del Tuir).
Pertanto, conferma che sono deducibili dal reddito complessivo i contributi previdenziali versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza qualunque sia la causa che origini il versamento.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©