Rapporti di lavoro

Esonero da responsabilità per i datori, salvo casi specifici

di Pasquale Dui

Il sistema previdenziale sul quale è innestata la tutela contro gli infortuni sul lavoro è imperniato sulla regola generale e primaria fissata dall'articolo 10 del Testo unico Infortuni, secondo il quale l'assicurazione Inail esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile, a meno che lo stesso non abbia riportato condanna penale per il fatto dal quale l'infortunio è derivato. Si viene così a determinare un equilibrio economico e giuridico tra esigenze di tutela indennitaria e risarcitoria del lavoratore e responsabilità del datore, ipotizzabile solo per casi di colpa, negligenza o altre ipotesi di imputabilità. In questi termini, e in via generale, il lavoratore può intentare azione civile di risarcimento danni nei confronti del datore di lavoro solo quando si tratti di fatti:imputabili al datore di lavoro (o ai suoi incaricati o dipendenti) che costituiscano reati per violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni; per i quali sia stata emessa una sentenza di condanna;in relazione ai quali il giudice abbia liquidato un danno in misura superiore all'ammontare delle prestazioni erogate dall'Inail (cosiddetto danno differenziale).Fermo questo principio fondamentale (peraltro oggetto di discussioni, in dottrina e, parzialmente, anche in giurisprudenza, ma tuttora vigente, quantomeno nel rispetto delle regole del gioco da parte di tutti i soggetti coinvolti nel sistema di tutela), in questo periodo di emergenza sanitaria per il Covid-19, anche per evitare una imputazione di responsabilità quasi oggettiva in capo alle imprese, è stato raggiunto un compromesso per regolare gli ambiti di responsabilità e contenerli in un perimetro che tenga conto della eccezionalità della situazione complessiva.In accordo con il Governo, il 14 marzo 2020 sindacati e imprese hanno firmato un protocollo per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori dal possibile contagio da nuovo coronavirus e garantire la salubrità dell'ambiente di lavoro. Il protocollo è stato integrato il 24 aprile 2020 e l'applicazione delle relative prescrizioni (e successive modifiche e/o integrazioni) comporta l'adempimento dell'obbligo previsto dall'articolo 2087 del Codice civile (tutela delle condizioni di lavoro), ai fini della tutela contro il contagio Covid 19 (articolo 29-bis del Dl 23/2020, convertito dalla legge 40/2020).Pertanto la responsabilità del datore di lavoro è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche (da qui il riferimento all'articolo 2087 del Codice civile), che nel caso dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 si possono rintracciare nei protocolli e nelle linee guida governative e regionali, succedutesi in questo periodo.Il rispetto delle misure di contenimento, se necessario a escludere la responsabilità civile del datore di lavoro, secondo il principio generale dell'articolo 10 del Testo unico sugli Infortuni, non è certo utilizzabile, argomentativamente, contro il datore di lavoro, per invocare un addebito per omessa tutela infortunistica nei casi di contagio Covid-19, in assenza di colpa accertata, non essendo possibile pretendere negli ambienti di lavoro il rischio zero, quando di per sé il pericolo di una lavorazione o di una attrezzatura non sia eliminabile. Circostanza questa che conferma l'indipendenza logico-giuridica del piano assicurativo da quello giudiziario.

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