Rapporti di lavoro

Smart working e nuova cultura manageriale

di Roberto Ravagnani

You get what you measure: quasi sempre impostare un buon sistema di monitoraggio rappresenta una condizione necessaria per mantenere la rotta e ottenere risultati adeguati. Tuttavia, non sempre le cose più misurabili (e misurate) sono le più importanti: soprattutto in un momento di discontinuità è spesso vero il contrario.

Se non si riescono a misurare gli effetti (gli output) di un fenomeno, un’alternativa è misurarne le precondizioni (gli input): possiamo spostare l’attenzione sui fattori che stimolano e abilitano i processi di motivazione e di innovazione, fattori che sono invece in buona parte azionabili e misurabili.

Senza avere la pretesa in queste poche righe di dare un elenco esaustivo di tali fattori abilitanti (peraltro altamente specifici ad ogni organizzazione), ci preme indicare alcune azioni concrete che possono controbilanciare proprio i possibili effetti negativi della remotizzazione.

A titolo di esempio:

- introdurre regole e prassi che spingano i dipendenti a venire in ufficio soprattutto per svolgere attività di team, lasciando invece che i compiti individuali siano espletati in remoto;

- ripensare dunque gli uffici, una volta terminata la pandemia, soprattutto come luoghi di incontro, evitando spazi preassegnati ed esclusivi ed investendo invece in sale riunioni, spazi di aggregazione, arredamenti movibili e angoli ricreativi (in parole povere, introducendo più divani e meno scrivanie e sedie);

- investire in piattaforme e competenze di collaborazione virtuale, in grado di emulare in modo efficace una riunione in presenza (ad esempio chiedendo a digital ambassador di adottare questa modalità di lavoro e formare i colleghi meno abituati);

- aumentare la frequenza dei momenti di allineamento, comunicazione e feedback ai propri team (ad esempio, mantenendo rigorosamente una riunione di update tutti i lunedì mattina);

- utilizzare in modo sistematico indagini anche spot di clima e di “peer feedback”, in modo da mantenere alta l’attenzione alle percezioni dei dipendenti e diffondere una maggiore cultura di cliente interno.

L’effetto può avere un impatto ancora maggiore se all’interno dei meccanismi di valutazione delle performance vengono introdotte metriche associate all’implementazione e utilizzo di tali fattori abilitanti (verificando ad esempio il livello di competenze digitali, il numero di idee innovative proposte, la costanza nell’organizzare riunioni di allineamento, ecc.); in modo analogo, spingere su obiettivi di team e di collaborazione può rappresentare un efficace antidoto alla tendenza a lavorare in solitario che la remotizzazione inevitabilmente provoca.

Insomma, attraverso l’introduzione di una sistematica attenzione manageriale verso i fattori che abilitano l’innovazione e l’engagement, possiamo passare da una logica correttiva e reattiva ad una preventiva. È addirittura probabile che in questo modo, oltre a gestire un rischio, otterremo un’autentica mobilitazione delle migliori energie organizzative. Se ben gestita, l’alternanza di momenti in ufficio con altri in remoto potrebbe diventare il migliore dei mondi possibili.

È ciò che stanno facendo in questo momento le aziende davvero più smart: trasformare questa situazione drammatica in un’opportunità per una vera e propria trasformazione organizzativa, un progetto in grado di far fare un salto in avanti alla cultura manageriale, ai processi aziendali e alla motivazione dei propri dipendenti. In questi casi, lo smart working diventa un acceleratore per l’adozione di stili di management e modi di lavorare più agili, più adatti alla sfida digitale e più efficienti, ed è probabile che l’effetto netto in questo caso sia proprio un aumento nella capacità di innovazione ed engagement, aumento che forse sarebbe stato impossibile senza questa discontinuità epocale.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©