Rapporti di lavoro

Turnover e digitale: così la Pa va a caccia di nuove competenze

di Dario Aquaro

Competenza, selezione, efficienza. Le parole guida della pubblica amministrazione che verrà sono tutte nel discorso di Mario Draghi al Senato. Perché la riforma «che non si può procrastinare» dovrà fare sì perno sulla trasformazione digitale, ma anche sull’aggiornamento continuo dei dipendenti e sulla selezione delle «migliori competenze e attitudini in modo rapido, efficiente e sicuro».

Un tasto su cui batte in generale pure l’attuale bozza del Pnrr (il piano per Next Generation Eu), quando parla di assicurare un ricambio generazionale e culturale nelle Pa centrali e locali, anche semplificando le procedure di reclutamento. Il quadro attuale è questo: 3,2 milioni di lavoratori pubblici, con un’età media di 50,7 anni, di cui il 16,9% over 60; e un numero di impiegati che sta per essere raggiunto da quello degli ex dipendenti pensionati (secondo i dati del report ForumPa).

Ecco allora che si guarda ai concorsi da bandire: ci sono almeno 60mila posti in programma nell’amministrazione centrale, previsti dalla legge di Bilancio 2021 e dai piani interni degli enti. O che provengono da più lontano: come le selezioni ordinarie per le 46mila cattedre della scuola, per infanzia/primaria e per le secondarie di I/II grado, attese da due anni e destinate a partire entro l’estate (ma che difficilmente si concluderà prima del 2022).

I posti per i prof formano il grosso delle assunzioni attese, ma c’è anche un altro capitolo importante: quello della giustizia. Lo stesso presidente del Consiglio ha richiamato le “esortazioni” della Commissione Ue (Country specific recommendation 2020), tra le quali aumentare l’efficienza del sistema giudiziario civile e dei tribunali, favorire lo smaltimento dell’arretrato e coprire i posti amministrativi vacanti. Oltre all’assunzione di nuovi magistrati, già la manovra 2021 autorizza ad esempio il ministero di via Arenula a indire quest’anno una serie di concorsi per 3mila persone da inquadrare nei ruoli dell’amministrazione giudiziaria a partire dal 2023. Ma anche per 200 unità di personale dell’amministrazione penitenziaria (più 100 nel triennio 2021-2023) e per 80 funzionari del dipartimento per la giustizia minorile.

Sul fronte economico-fiscale, invece, il Mef è chiamato a reclutare nel biennio 550 dipendenti, da destinare alle Ragionerie territoriali dello Stato (450) e alle Commissioni tributarie (100). Mentre la programmazione triennale dell’agenzia delle Entrate prevede oltre 3mila selezioni ancora da avviare, funzionari e assistenti. Spiega il piano della performance 2021-2023 che il totale degli ingressi è di 4.113 unità, ma il Fisco ha già concluso o avviato le procedure per le restanti figure, dirigenti compresi (e conta di concludere le prove del concorso a 175 posti, «avviato nel 2010 e rimasto a lungo bloccato a fronte di ricorsi»).

Le uscite in aumento a causa dell’elevata età media del personale (unite alla coda 2021 di “quota 100”) determinano una situazione di sofferenza. Sottolineata per esempio qualche mese fa dall’ex ministero dei Beni culturali, che fino al 2025 vedrà ridursi l’organico di 5.131 unità nelle diverse aree. In aggiunta ad altre iniziative, la Cultura quest’anno dovrebbe ricercare 800 posti, tra dirigenti, specialisti e assistenti. Secondo una bozza del Dl ministeri, invece, il nuovo dicastero del Turismo potrebbe essere autorizzato a bandire concorsi per assumere 107 persone.

Tra digitalizzazione e innovazione (si veda il box in pagina), il compito di riformare la macchina dello Stato è in mano al governo Draghi e al ministro della Pa Renato Brunetta. Che dovranno anche decidere in merito alle procedure, visto che l’attuale bozza del Pnrr elenca anche una serie di azioni: dalla programmazione continua e periodica dei concorsi pubblici alla realizzazione di un “Portale del reclutamento”. Centralizzato.

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