Rapporti di lavoro

Sull’equo compenso professionisti contro lo strapotere agli Ordini

di Federica Micardi

La norma che amplia l’applicazione dell’equo compenso per i professionisti è stata fermata ieri dal parere negativo della commissione Bilancio della Camera. Il motivo: le ricadute sulla finanza pubblica che l’estensione delle attuali regole potrebbe avere. La commissione chiede di non estendere la disciplina alle convenzioni stipulate con società veicolo di cartolarizzazione, di escludere gli agenti della riscossione (il costo stimato della loro inclusione è di 150 milioni) e di evitare un'applicazione retroattiva ai contratti già in essere.

Il testo su cui si sta lavorando (C. 3179) è stato presentato dalla leader di FdI Giorgia Meloni, integrato con le proposte di legge dei deputati Morrone (Lega) e Mandelli (Fi). Un testo che, nella sua attuale versione, viene criticato anche da diverse associazioni professionali.

Il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, sottolinea come l’attuale formulazione dà agli Ordini professionali il compito di aggiornare i parametri di riferimento delle prestazioni professionali e, al tempo stesso, di stipulare modelli standard di convenzioni che le imprese possono adottare anche in deroga ai parametri stessi; «ci chiediamo - chiosa Stella - a che cosa servano i parametri, ma soprattutto siamo davvero sicuri che un modello standard possa rispondere in maniera efficace a una prestazione professionale complessa?». Pollice verso anche sulla class action che rischia di far esplodere una conflittualità esasperata tra professionisti concorrenti e sulla composizione dell’Osservatorio nazionale sull’equo compenso che è poco inclusiva.

Per il Colap, il Coordinamento delle libere associazioni professionali, l’attuale testo «sembra strutturato in particolare per i professionisti ordinistici, con un riferimento nemmeno troppo velato a un ritorno delle tariffe professionali. «La nuova versione del provvedimento - afferma la presidente Colap Emiliana Alessandrucci - è confusa e rischia di creare più problemi che benefici al mondo professionale».

Si dicono «sconcertati» anche i sindacati dei commercialisti Adc, Aidc e Unione giovani perché si demanda la valorizzazione delle prestazioni professionali a una «imprecisata contrattazione tra imprese e Ordini professionali, equiparati a qualsiasi associazione di professionisti non iscritti ad albi o Ordini». Una soluzione che per i sindacati fa venir meno la funzione peculiare e primaria degli Ordini quali enti a tutela della pubblica fede, trasformandoli in organismi sindacali.

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