Rapporti di lavoro

Il tampone per il Green pass come forma di welfare aziendale

Si tratta di una concessione in favore dei dipendenti, quella di concessione e finanziamento dei tamponi Covid-19, che non è in alcun modo previsto dal decreto 127/2021, ma di carattere assolutamente volontario

di Luca Furfaro

Come noto, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Dl 127 del 21 settembre 2021, n. 127 in cui sono contenute "Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblici e privato mediante l'estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde Covid-19 e il rafforzamento del sistema di screening".

La certificazione verde, anche nota come Green pass, si ottiene dopo aver soddisfatto una delle seguenti tre condizioni:

- Essere vaccinati contro il coronavirus;

- Eseguire un tampone (test molecolare o a uno antigenico rapido) che risulti con esito negativo;

- Essere in possesso di un certificato di guarigione dal Covid nei sei mesi precedenti.

Essendo obbligatorio il possesso del Green pass per tutti i lavoratori, per il periodo compreso fra il 15 ottobre e il 31 dicembre 2021, è stata anche valutata la possibilità che il datore di lavoro garantisca i "tamponi" ai lavoratori che attendono la vaccinazione o che non hanno intenzione di effettuarla.

Posto che la ratio della norma è di spingere verso la vaccinazione, occorre comunque interrogarsi su quella che può essere la corretta gestione dell'erogazione di tale servizio diagnostico ai dipendenti.

Si tratta di una concessione in favore dei dipendenti, quella di concessione e finanziamento dei tamponi Covid-19, che non è in alcun modo previsto dal decreto 127/2021, ma di carattere assolutamente volontario. Pertanto, se il datore di lavoro non dovesse sostenere tale spesa, il costo dei tamponi rimarrà a carico dei dipendenti sprovvisti di certificazione.

L’esecuzione di un tampone è a tutti gli effetti una prestazione sanitaria al pari di altre come, ad esempio, una visita odontoiatrica o un checkup cardiaco e non si può rifare, ad un concetto di obbligatorietà per lo svolgimento della prestazione lavorativa.

Si tratta quindi di un beneficio concesso ai lavoratori e come tale deve essere gestito anche dal punto di vista fiscale. Come è noto, per il principio di omnicomprensività, il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.

Ai fini della corretta gestione dell'erogazione, con completa esenzione dal reddito di lavoro dipendente, esistono sostanzialmente due strade:

- Rimborso del servizio da enti o casse con fine assistenziale (Articolo 51, comma 2, lettera a).

- Offerta del servizio da parte dell'azienda o da soggetto terzo convenzionato (Articolo 51, comma 2, lettera f).

Nella prima ipotesi ai sensi dell'articolo 51, comma 2, lettera a), del Tuir non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale.

Saranno tali enti a gestire, o a rimborsare, in maniera diretta, a fronte delle contribuzioni versate, il servizio con le regole dagli stessi definiti.

In alternativa il servizio può essere gestito attraverso l'erogazione diretta, o affidata a terzi, del tampone; tale attività rientra nella lettera f) del medesimo comma 2 del già citato articolo 51 Tuir che tra i servizi per finalità sociali fa rientrate anche quelli riconosciute dal datore di lavoro ai fini sanitarie (check up, esami, terapie).

Come specificato dalla risoluzione Ade 55/E/2020, le opere ed i servizi previsti dalla lettera f) possono essere messi a disposizione dal datore di lavoro o da strutture esterne, ma a condizione che il dipendente resti estraneo al rapporto economico che intercorre tra l'azienda ed il terzo erogatore del servizio; non è quindi possibile il rimborso del servizio.

Inoltre, come specificato normativamente con rimando all'articolo 100 del Tuir, è necessario che la previsione richiami la generalità o categorie omogenee di dipendenti e che sia concessa in forza di un contrattazione o regolamentazione aziendale. Sulle due caratteristiche occorre rilevare gli orientamenti dell’Agenzia delle entrate per applicarli al caso specifico.

In primis sulla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti, " deve intendersi come generica disponibilità verso un gruppo omogeneo di dipendenti (anche se alcuni di questi non fruiscono di fatto delle opere o servizi o delle somme), poiché, invece, qualunque somma attribuita ad personam costituisce reddito di lavoro dipendente" (cfr. circolare 326/E/97, par. 2.2.6). Nel caso specifico quindi ci si può rifare teoricamente a tutti i lavoratori dipendenti che, solo in caso di mancanza del green pass, potranno accedere al beneficio.

Sull’aspetto invece legato all'atto di concessione è importante ricordare come la prassi dell’Agenzia si esprimeva evidenziando che «l’erogazione dei benefits in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento che configuri l'adempimento di un obbligo negoziale determina la deducibilità integrale dei relativi costi da parte del datore di lavoro ai sensi dell’articolo 95 del Tuir, e non nel solo limite del cinque per mille secondo quanto previsto dall’articolo 100 del medesimo testo unico. Tale limite di deducibilità continua ad operare, invece, in relazione alle ipotesi in cui le opere ed i servizi siano offerti volontariamente dal datore di lavoro».

Sempre l’Agenzia delle entrate, riprendendo la circolare 28/E/2016, ha chiarito che un regolamento configura l'adempimento di un obbligo negoziale quando risulta non revocabile né modificabile autonomamente da parte del datore di lavoro. In tal caso, infatti, l'atto nella sostanza sarebbe qualificabile come volontario e, quindi, limitando la deducibilità al solo 5 per mille dei costi del personale, ai sensi dell'articolo 95, Tuir. Non vi è alcuna indicazione sulla necessità di un piano con regolamentazione esclusiva, ne deriva quindi che tale gestione (con le dovute caratteristiche vincolanti) potrà essere integrata all'interno della policy relativa al Green pass in azienda che deve essere predisposta. Importante quindi andare a definire nella policy dei controlli per il Green Pass anche la concessione del benefit a tutti i dipendenti e le modalità con le quali esso può essere gestito, che potranno anche integrarsi con eventuali piani di welfare già presenti in azienda, non utilizzando quindi un nuovo budget ma andando ad utilizzare un eventuale credito già concesso.

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