Rapporti di lavoro

Green pass in ritardo: accesso al lavoro in deroga alla privacy

di Aldo Bottini

Da domani in ogni luogo di lavoro si procederà a controllare che chiunque entri per svolgere un’attività lavorativa sia munito di green pass. È facilmente prevedibile che, soprattutto nel primo giorno di controlli, si potranno verificare le situazioni più disparate. Proviamo ad analizzare quelle più comuni, alla luce delle precisazioni e dei chiarimenti forniti dai due Dpcm emessi nei giorni scorsi: il primo adotta le linee guida sui controlli per le pubbliche amministrazione e il secondo detta invece disposizioni generali attuative degli obblighi introdotti con il Dl 127/2021.

Il controllo all’accesso

Il lavoratore in possesso di regolare green pass entra, senza che venga registrato alcunché, mentre chi ne è privo viene allontanato. In quest’ultimo caso il nominativo viene segnalato all’ufficio del personale affinchè vengano applicate nei suoi confronti le conseguenze previste dalla legge (assenza ingiustificata senza retribuzione).

Il controllo dopo l’accesso

Per chi è privo di green pass scattano, oltre all’immediato allontanamento, anche la segnalazione al Prefetto per l’irrogazione delle sanzioni amministrative e quelle disciplinari. Le linee guida per le pubbliche amministrazioni prevedono che il controllo durante l’orario di lavoro avvenga a rotazione, con cadenza giornaliera e riguardi non meno del 20% del personale presente.

La documentazione sostitutiva

Il Dpcm del 12 ottobre (applicabile tanto nel settore pubblico quanto in quello privato) contempla l’ipotesi che, pur in presenza dei presupposti di legge, il green pass non sia stato ancora rilasciato o aggiornato. In questo caso, con una evidente deroga ai principi generali privacy, il lavoratore potrà accedere esibendo i documenti cartacei o digitali che attestano una delle condizioni di rilascio del green pass (vaccinazione, test o guarigione). A tale proposito va ricordato che la prima dose della vaccinazione è idonea a generare il green pass solo dopo 15 giorni. Quindi anche l’eventuale certificato che attesti l’effettuazione della prima dose non darà diritto a entrare al lavoro se non dopo 15 giorni.

Gli esenti

La norma di legge prevede che l’obbligo di green pass per entrare nei luoghi di lavoro non si applichi a chi è esentato dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con una circolare del ministero della Salute. Il Dpcm del 12 ottobre nulla aggiunge al riguardo. Le linee guida per le pubbliche amministrazioni, riprese da una Faq del Governo, annunciano che il controllo potrà prossimamente essere effettuato con un apposito QR Code. Nel frattempo, i soggetti interessati dovranno trasmettere la documentazione attestante l’esenzione al medico competente che, ove dagli stessi autorizzato, informerà il personale deputato ai controlli del loro esonero dalle verifiche. Si tratta di una procedura che ben può essere adottata anche dai datori di lavoro privati. Si deve ritenere comunque che non possa essere negato l’accesso a chi, non avendo preventivamente inviato la documentazione al medico competente, esibisca all’ingresso il certificato di esenzione.

Domande e risposte a cura di Aldo Bottini

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