L'esperto rispondeRapporti di lavoro

Sono da retribuire le pause prescritte dal medico competente

di Mario Gallo

La domanda

Il medico competente nel giudizio di idoneità ha prescritto che il dipendente debba effettuare delle pause di 30 minuti ogni 3 ore di lavoro. Queste pause devono essere retribuite dall’azienda?

La disciplina sulle pause in materia di salute e di sicurezza sul lavoro non trova una sua sistemazione compiuta e organica all’interno del D.Lgs n.81/2008; tale decreto, infatti, sostanzialmente si limita a regolare specificamente solo quelle in materia di utilizzo di apparecchiature munite di videoterminale (VDT), stabilendo che il lavoratore, ossia colui che “utilizza un’attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all’articolo 175” (art.173, c.1, lett.c), ha “…diritto ad una interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di attività” secondo quanto prevede la contrattazione collettiva e, in assenza, ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale (art. 175, c.1,3). Le modalità e la durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a livello individuale ove il medico competente ne evidenzi la necessità che, quindi, nel proprio giudizio d’idoneità specificherà la limitazione (art. 175, c.4); la stessa norma dispone, inoltre, l’esclusione della cumulabilità delle interruzioni all’inizio e al termine dell’orario di lavoro, prevedendo anche che nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa della risposta da parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il posto di lavoro. Sul piano economico, invece, il comma 7 dell’art. 175 del D.Lgs. n.81/2008, stabilisce in modo perentorio che “La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante dell’orario di lavoro e, come tale, non è riassorbibile all’interno di accordi che prevedono la riduzione dell’orario complessivo di lavoro”; di conseguenza sorge in capo al datore di lavoro l’obbligo di retribuire il lavoratore per tali pause. Invero, tale previsione discende direttamente dal principio comunitario consacrato nella Direttiva quadro 89/391/CEE del Consiglio del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, in base al quale “Le misure relative alla sicurezza, all'igiene e alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori”; tale principio è stato da prima recepito all’interno dell’ordinamento giuridico italiano con il D.Lgs. n.626/1994, ora riprodotto nell’art. 15, c.2, del D.lgs. n.81/2008. Di conseguenza, tenuto anche conto del principio dell’art. 2087 c.c. in base al quale il datore di lavoro ha il dovere di adottare le necessarie misure di sicurezza finalizzate alla tutela dell’integrità psico-fisica del lavoratore, si fa osservare che la nozione di “misure di sicurezza” ha un contenuto particolarmente ampio in quanto comprende sia quelle individuate specificamente dalla normativa - come l’appena citata pausa per i lavoratori videoterminalisti - che quelle riportate nel documento di valutazione dei rischi (art. 17, 28, 29 e ss. D.Lgs. n.81/2008). In tale nozione si ritiene che debbano farsi rientrare, quindi, anche le limitazioni e le prescrizioni formulate dal medico compente con l’espressione del giudizio d’idoneità alla mansione specifica (art. 41, c.6, D.Lgs. n.81/2008), così come del resto si desume dal già citato art. 15 del D.Lgs. n.81/2008, che tra le misure generali di tutela riporta il “controllo sanitario dei lavoratori” (c.1, lett. l). Con il risultato, quindi, che essendo le pause prescritte dal medico competente al fine tutelare l’integrità psico-fisica del singolo lavoratore, in dipendenza del quadro espositivo ai rischi collegati alla mansione svolta, si può ritenere che le stesse vadano retribuite. Si fa osservare, infine, che in tali ipotesi andrebbe approfondito con il medico competente se la prescrizione è di una pausa di lavoro “assoluta” o se, viceversa, riguarda un’interruzione temporanea dall’esposizione a un determinato fattore di rischio (come, ad esempio, il VDT), con la possibilità, pertanto, di adibire il lavoratore, limitatamente a quel frangente di tempo, ad altra attività tenendo conto anche dei vincoli posti dall’art. 2103 c.c.

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