L'esperto rispondeRapporti di lavoro

Risoluzione consensuale in sede protetta senza Naspi

di Mauro Marrucci

La domanda

È stato sottoscritto in sede sindacale un accordo conciliativo in base agli articoli 2113, comma 4 del Codice civile, 410 comma 1 e 411 del Codice diprocedura civile, con cui è stata concordata con il lavoratore una risoluzione consensuale del rapporto, senza alcuna richiesta di licenziamento per giustificato motivo oggettivo da parte dell’azienda. Il dipendente era assunto a tempo indeterminato dal 16 aprile 2012 e l'azienda ha i requisiti dimensionali previsti dall’articolo 18, ottavo comma della legge 300/1970 (più di 15 dipendenti). La conciliazione è intervenuta a seguito della volontà delle parti di interrompere il rapporto di lavoro. Il lavoratore ha diritto alla Naspi? E il datore di lavoro è tenuto al pagamento del contributo Naspi, pur trattandosi di una risoluzione consensuale in sede sindacale del rapporto di lavoro?

È pacifico che l’accesso alla Naspi, in quanto indennità di disoccupazione, sia permesso in tutti i casi in cui il lavoratore dipendente, avendone i requisiti, venga a perdere involontariamente la propria occupazione. Il caso prospettato dal lettore attiene a un accordo di risoluzione consensuale sottoscritto in sede protetta. Questa fattispecie è del tutto diversa dalla circostanza prevista dall’articolo 7, comma 7, della legge 604/1966 nella versione modificata dalla legge 92/2012, secondo la quale «se la conciliazione ha esito positivo e prevede la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni in materia di Assicurazione sociale per l’impiego (Aspi)». Questa risoluzione consensuale è infatti quella prevista all’interno di una procedura di licenziamento individuale regolamentata da tale norma. Ne deriva che, nel caso prospettato, il dipendente non può ottenere il pagamento della Naspi per mancanza del presupposto base costituito dalla perdita involontaria del proprio posto di lavoro.

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