L'esperto rispondeRapporti di lavoro

Certificazione verde COVID-19

di Gallo Mario

La domanda

Il DL 127/2021 art. 3 comma 1 recita: "... a chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo di possedere e di esibire la certificazione verde COVID-19" Come vengono considerati i titolari di ditte individuali, i soci lavoratori (di società), i titolari di studi professionali? Sarebbero i datori di lavoro, per loro l'obbligo della certificazione verde COVID-19 c'è? Come avvengono i controlli? Chi è addetto a far tale controllo sul datore di lavoro-svolgente attività lavorativa? Rischiano un eventuale sanzione?

La disciplina introdotta di recente dal D.L. 21 settembre 2021, n.127, che modifica il D.L. 21 aprile 2021, n.52, presenta, invero, diverse zone d'ombra che sollevano spinosi interrogativi, soprattutto per quanto riguarda il campo applicativo.
Infatti, se appare pacifica l'introduzione, a partire dal prossimo 15 ottobre e fino al 31 dicembre 2021, dell'obbligo generalizzato della certificazione verde COVID-19, il cd. "green pass", per tutti i lavoratori con contratto di lavoro subordinato (art.2094 c.c.) nel settore pubblico e privato, non lo è altrettanto per alcune altre categorie di lavoratori che, pur se "residuali" sul piano numerico, hanno comunque un peso significativo.
In particolare, per quanto riguarda l'ambito lavorativo privato l'art. 3 del D.L. n.127/2021 nel modificare il D.L. n.52/2021 con l'inserimento dell'art.9-septies, pone il principio generale in base al quale "....a chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell'accesso ai luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 di cui all'articolo 9, comma 2".
Tale norma definisce, quindi, il campo applicativo soggettivo e oggettivo dell'obbligo in questione che, come si può agevolmente rilevare, si presenta particolarmente vasto; il green pass è richiesto, infatti, per "chiunque" svolge un'attività lavorativa e, al fine del raggiungimento degli obiettivi di sanità pubblica, costituisce obbligo per l'accesso ai luoghi in cui la prestazione viene resa.
Per altro il successivo c.2 specifica ulteriormente che tale obbligo si applica altresì a tutti i soggetti "……che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi di cui al comma 1, anche sulla base di contratti esterni".
Sotto tale profilo emerge, quindi, che il possesso della certificazione verde COVID-19 non riguarda solo i lavoratori dipendenti ma è richiesto, ai fini dell'accesso in un luogo di lavoro, anche per altre tipologie di rapporto di lavoro come, ad esempio, il lavoro autonomo (art.2222 cod. civ.), il lavoro autonomo coordinato (le cd. "co.co.co."), fino a ricomprendere anche le forme di lavoro gratuito e le attività di formazione.
In tal senso occorre anche tener conto della ratio del provvedimento, che risulta ancora più chiara se si considera il suo incipit; il D.L. n.127/2021, infatti, trova il suo presupposto anche nella "......straordinaria necessità e urgenza, di estendere l'obbligo di certificazione verde COVID-19 nei luoghi di lavoro pubblici e privati, al fine di garantire la maggiore efficacia delle misure di contenimento del virus SARS-CoV-2, nonché di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, prevedendo altresì misure volte ad agevolare la somministrazione di test per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2 e ad adeguare le previsioni sul rilascio e la durata delle certificazioni verdi COVID-19".
Di conseguenza alla luce di tali principi sembrano rientrare nel campo applicativo del D.L. n.127/2021, anche i rapporti di lavoro associativi come il caso dei soci lavoratori; inoltre, come accennato, poiché questa nuova misura è finalizzata al conseguimento di obiettivi di sanità pubblica, tale campo appare estendersi anche ai titolari delle attività come i commercianti, i professionisti, etc.
Tale indirizzo interpretativo trova conferma, per altro, anche nelle FAQ del Governo del 27 settembre 2021, che hanno anche precisato che l'obbligo del green pass si estende al lavoro domestico mentre, invece, non si applica quando il lavoratore è in smart working.
Per quanto riguarda, poi, chi debba controllare il titolare dell'attività, in attesa della pubblicazione di specifiche linee guida, nelle stesse FAQ il Governo ha anche precisato che se lo stesso titolare opera al suo interno "Il libero professionista quando accede nei luoghi di lavoro pubblici o privati per lo svolgimento della propria attività lavorativa viene controllato dai soggetti previsti dal decreto-legge n. 127 del 2021. Il titolare dell'azienda che opera al suo interno viene controllato dal soggetto individuato per i controlli all'interno dell'azienda". Sembra di capire, quindi, che se il titolare dell'attività riveste anche la qualità di datore di lavoro e svolge anch'esso un'attività lavorativa ha l'obbligo d'individuare con atto formale gli addetti al controllo del green pass, secondo quanto prevede l'art. 9-septies, comma 5, del D.L. n.52/2021, che dovranno accertare che anche lo stesso titolare possegga la prescritta certificazione.
Le modalità operative per l'organizzazione delle verifiche andranno definite entro il 15 ottobre 2021, tenuto conto anche delle linee guida del Governo di prossima pubblicazione, e sulla base di quanto prevede l'art. 9-septies, comma 9, del D.L. n.52/2021, il datore di lavoro incorre nella sanzione amministrativa da 400 a 1.000 euro qualora non adotti, entro tale termine, le misure necessarie per verificare il possesso della certificazione; analoga sanzione si applica in caso di omessa verifica e, comunque, nei casi in cui permetta l'accesso al luogo di lavoro in assenza del green pass.
Le sanzioni sono adottate dai singoli Prefetti, previa segnalazione ad opera dei soggetti incaricati dell'accertamento e della contestazione delle violazioni.
Da precisare, inoltre, che gli obblighi in materia di possesso ed esibizione del green pass non si estendono ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale, sulla base d'idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri indicati nella Circolare del Ministero della Salute del 4 agosto 2021, n.35309.
Infine, occorre osservare che, considerate le diverse zone d'ombra e la molteplicità di rapporti di lavoro e le diverse modalità attuative, è fortemente auspicabile un chiarimento dei vari profili problematici nelle già citate linee guida.

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