L'esperto rispondeAgevolazioni

Sgravio triennale e cessione di ramo d'azienda

di Antonio Carlo Scacco

La domanda

Buongiorno, un’azienda ha intenzione di confermare a tempo indeterminato alcuni dipendenti attualmente in forza con contratto a termine, godendo pertanto del beneficio contributivo triennale previsto dalla legge di stabilità 2015. Se al termine dell’anno in corso venisse ceduto il ramo d’azienda cui appartengono i suddetti dipendenti, e i rapporti di lavoro continuassero senza soluzione di continuità con il nuovo datore di lavoro ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile, il cessionario potrebbe continuare a beneficiare dello sgravio contributivo, al posto dell’azienda cedente, fino al termine del triennio?

Stabilisce l’articolo 2112 codice civile che “In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano”. Per “trasferimento d’azienda” deve intendersi qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento medesimo e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato. Avuto riguardo al quesito rappresentato dal gentile lettore, nel caso di cessione di ramo d’azienda si verifica il mutamento soggettivo della titolarità della azienda ma i rapporti lavorativi esistenti con i lavoratori ceduti proseguono con il cessionario senza soluzione di continuità. Quindi anche i lavoratori che beneficiavano del peculiare esonero contributivo previsto dalla legge 190/2014, continueranno a beneficiarne dopo la cessione. A sua volta il cessionario potrà godere dell’esonero per la parte residua e fino alla sua naturale scadenza. Ovviamente si richiedono in capo a quest’ultimo la sussistenza degli altri requisiti previsti dalla legge: la regolarità degli obblighi di contribuzione previdenziale, l’assenza delle violazioni delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro, nonché il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali e territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

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