Rapporti di lavoro

Società tra professionisti, le indicazioni dei consulenti del lavoro

di Antonio Carlo Scacco

A seguito della approvazione della legge 183/2011 e succ. modd. che ha abolito la vecchia legge 1815/1939 recante il divieto di costituzione di società tra professionisti, attualmente le forme societarie ammesse dalla legge per tali soggetti sono le seguenti:
a) “società tra professionisti” (Stp) o “società professionale”, costituite secondo i modelli societari civilistici;
b) “società multidisciplinare”, ovvero la società tra professionisti costituita per l'esercizio di più attività professionali;
c) società semplice, snc, sas, spa, sapa, società cooperativa, srl.

Sulla materia il Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, nella seduta del 16 e 17 giugno scorsi, ha approvato un documento che fornisce una utile guida circa i corretti profili giuridici cui attenersi in tema di costituzione delle STP e gli obblighi disciplinari relativi. Ferma restando la validità delle associazioni professionali costituite prima della entrata in vigore della legge 183/2011, il documento affronta la problematica inerente la ammissibilità di alcuni modelli societari. Più in particolare si esclude la configurabilità della STP in forma di srl semplificata, dal momento che il co. 4 dell'art. 10, legge 183/2011, impone l'adozione nell'atto costitutivo di clausole statutarie incompatibili con l'inderogabilità del modello standard stabilita dal comma 3 dell'art. 2463-bis c.c. per le srl semplificate. E' ammessa, invece, la configurabilità della srl unipersonale atteso che, da un lato, tale modello societario è espressamente incluso nei modelli regolamentati dal codice civile cui rimanda la citata legge 183, dall'altro il carattere unipersonale non contrasta con lo spirito della normativa, attribuendo al socio professionista la totalità della gestione sociale (la legge richiede solo la proporzione minima dei 2/3, al fine di garantire che lo strumento societario rimanga in ogni caso sotto il controllo del socio professionista).

La denominazione sociale della società e la pubblicità informativa
Il documento precisa che la denominazione sociale della STP può essere “in qualunque modo formata”, anche con riferimento ad un collega defunto. Vi sono tuttavia dei limiti:
a)il vincolo di indicazione di “società tra professionisti”;
b)il rispetto del principio di identificazione delle attività professionali, da tenere fermo anche nella eventuale pubblicità informativa.
Riguardo a questa ultima, si precisa che essa può essere effettuata “con ogni mezzo” purché abbia ad oggetto l'attività delle professioni regolamentate, le specializzazioni, i titoli posseduti attinenti alla professione, la struttura dello studio professionale e i compensi richiesti per le prestazioni. In proposito l'articolo 4 del DPR 137/2012 (riforma delle professioni) stabilisce che la pubblicità informativa dev'essere (a pena di illecito disciplinare):
- funzionale all'oggetto,
- veritiera e corretta,
- tale da non violare l'obbligo del segreto professionale
- non equivoca, ingannevole o denigratoria.

Cautele nella redazione dell'atto costitutivo
La specialità della legislazione richiede alcune cautele nella redazione dell'atto costitutivo:
a)la attività professionale deve essere esercitata in via esclusiva da parte dei soci. La legge 183, infatti, non comporta il superamento della riserva legale di attività, che ha fondamento costituzionale nella previsione di cui all'articolo 33, quinto comma, relativamente alla necessità dell'esame di Stato per l'abilitazione professionale;
b)il numero dei soci professionisti e la loro partecipazione al capitale sociale deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci (la mancanza di tale condizione determina lo scioglimento della società). Chiarisce il documento che il concetto di “numero” non va inteso in senso strettamente numerico, ma in termini di presenza qualificata: ad esempio è sufficiente la presenza di un solo socio professionista, purché lo stesso detenga una partecipazione non inferiore ai 2/3 del capitale sociale;
c)possono essere ammessi in qualità di soci i soli professionisti iscritti ad Ordini, Albi e Collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante, ovvero soggetti non professionisti ma solo per prestazioni tecniche o per finalità di investimento (quindi il socio di capitale o tecnico può svolgere solo un ruolo strumentale rispetto alla attività della STP);
d)si ritengono illegittime quelle clausole statutarie che stabiliscono un diritto di gradimento a favore del socio di capitali circa l'ingresso dell'eventuale nuovo socio professionista, in quanto limitativa dell'indipendenza e dell'autonomia dei professionisti;
e)l'esecuzione dell'incarico professionale conferito alla società deve essere eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l'esercizio della prestazione professionale con esplicita designazione del socio professionista.
Il carattere specialistico della disciplina normativa concernente le STP determina ulteriori conseguenze. Più in particolare non potranno essere ammessi soci professionisti dipendenti, non essendo ammesse influenze di tipo gerarchico; non potranno essere ammessi praticanti in capo alla STP, in quanto quest'ultima è abilitata all'esercizio dell'attività, ma lo svolgimento della prestazione rimane in carico al singolo professionista; inoltre la STP non potrà gestire e coordinare CED (Centri elaborazione dati), in quanto lo svolgimento della prestazione rimane in carico al professionista.

Responsabilità disciplinare
Particolarmente dettagliate sono le indicazioni circa la eventuale responsabilità disciplinare del socio e/o della società, rispetto alla quale gli organi apicali degli Ordini o Collegi professionali sono chiamati a svolgere un ruolo diretto. Secondo la citata legge 183 sia i singoli professionisti che la società devono osservare le norme deontologiche dell'Ordine a cui sono iscritti. Ne segue che anche la società potrà essere soggetto passivo di un procedimento disciplinare per la violazioni di norme deontologiche e potrà essere censurata, sospesa o radiata dall'Albo. Naturalmente taluni doveri deontologici sono di pertinenza esclusiva dei singoli professionisti (ad es. l'obbligo della formazione) ma è ipotizzabile, secondo il documento dei consulenti del lavoro, una responsabilità indiretta in capo alla STP, stante un preciso dovere di controllo da parte della società medesima sull'operato dei singoli soci professionisti. E' peraltro ravvisabile una responsabilità diretta della STP (ovviamente in persona del suo legale rappresentante) in riferimento a determinati ipotesi ( ad es. “mala gestio”). In ogni caso la responsabilità disciplinare della società deve sempre essere distinta da quella dei soci.
Una particolare ipotesi di illecito disciplinare è rappresentata dal mancato rilievo o la mancata rimozione di una situazione di incompatibilità, che può verificarsi in due circostanze: quella concernente tutti i soci (inclusi quelli di capitale) che non possono partecipare a più STP ove la partecipazione ad una STP sia richiesta come esclusiva; e l'altra concernente i soli soci investitori di capitali per mancanza dei requisiti di onorabilità, presenza di determinate condanne penali ec.. In tal caso l'illecito disciplinare investe sia la società tra professionisti che il singolo professionista (quindi da uno stesso fatto possono derivare più provvedimenti disciplinari).

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