Agevolazioni

Con il regime forfettario fisco amico

di Gabriele Sepio

Il lavoro autonomo perde appeal tra i giovani, che scelgono sempre più spesso di investire su altri percorsi evidentemente ritenuti più coerenti con gli sviluppi futuri dell’economia (si pensi alle start up e all’innovazione tecnologica).

Eppure il lavoro autonomo conserva ancora importanti margini di convenienza grazie alla presenza di misure fiscali in grado oggi di favorire l’avviamento per i giovani che scelgono di aprire, per la prima volta, la partita Iva.

Il fisco agevolato

Con il regime forfetario previsto dalla Legge di stabilità 2015 (190/2014) i più giovani possono contare su una forte riduzione della tassazione se sviluppano un fatturato fino a 30 mila euro, grazie all’applicazione di un’unica aliquota ridotta pari al 5% (computata sul 78% dei ricavi dichiarati dal professionista nel corso dell’anno). La misura agevolata vale per cinque anni e sostituisce Irpef, relative addizionali e Irap. Non prevede, inoltre, l’applicazione della ritenuta e dell’Iva in fattura.

Il regime peraltro è stato incentivato dal 2016 (legge 208/2015) , aumentando la soglia minima di accesso da 15 mila a 30 mila euro, appunto.

Il forfetario trova applicazione, tuttavia, se si tratta di una attività professionale iniziata ex novo, mentre negli altri casi è prevista un’imposta sostitutiva con aliquota del 15 per cento.

Questo meccanismo sta dando i suoi frutti: secondo i dati del Mef, a gennaio del 2017 ben il 42% delle nuove partite Iva rientra nel regime forfetario, mentre il 49,2% appartiene a giovani fino a 35 anni di età.

Il 19,8% degli avviamenti totali delle nuove partite Iva riguarda le attività professionali (che risultano spinte dalle attività paramediche, da quelle svolte dagli psicologi e da quelle di fisioterapia).

All’incentivo fiscale si accompagnano semplificazioni procedurali per la fatturazione e la tenuta delle scritture contabili (limitate alla sola conservazione e numerazione delle fatture), l’esonero dagli obblighi in materia di studi di settore (cioè fino all’anno d'imposta della loro abolizione, ovvero il 2016) che in qualche modo rendevano ancora più gravosi gli adempimenti, contribuendo a scoraggiare le giovani leve.

Sempre in tema di snellimento delle procedure a carico dei professionisti va segnalato che, a partire dal 2017, gli studi di settore saranno sostituiti da indici sintetici di affidabilità che, secondo le intenzioni del legislatore, favoriranno la compliance tra contribuente ed Erario e ridurranno i termini di accertamento.

Le start up

A fronte del tendenziale calo dei giovani che si candidano agli esami di abilitazione professionale sussistono numeri in controtendenza per le start up innovative e le attività di ricerca e sviluppo che, grazie agli incentivi introdotti di recente, rappresentano un polo di attrazione per i giovani.

Dall’ultima relazione del Mise, presentata a fine 2016, si evince che le startup a prevalenza giovanile (under 35) sono il 22,3% del totale, una quota più di tre volte superiore rispetto a quella delle società di capitali a prevalenza giovanile (6,7%).

Le società in cui almeno un giovane è presente nella compagine societaria sono 2.290, il 38,5% del totale delle startup, contro un rapporto del 13,2% se si considerano le società di capitali con presenza giovanile.

Oltre al particolare appeal rappresentato dalla tecnologia un ruolo decisamente importante è dato dai profili fiscali e previdenziali che sono sicuramente incentivanti per lo “startupper”. A favorire questo percorso un parziale snellimento delle procedure (si pensi alla sostituzione del notaio con la firma elettronica per la costituzione della start up), nonché la possibilità di ottenere un credito d’imposta pari al 30% dell’investimento da spendere in tre anni nei limiti di un milione di euro annuale.

Anche gli incentivi per la ricerca e sviluppo vanno considerati come area di forte attrazione per i lavoratori autonomi qualificati. Ad esempio, per le startup e Pmi innovative, tra i requisiti alternativi, è richiesto l’impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, (in percentuale uguale o superiore al terzo della forza lavoro complessiva) di personale in possesso di titolo di dottorato di ricerca o che sta svolgendo un dottorato di ricerca presso un’università italiana o straniera, oppure in possesso di laurea e che abbia svolto, da almeno tre anni, attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all’estero. L’appeal per questo tipo di settore è legato al credito d’imposta del 50% della spesa incrementale fino ad un importo massimo annuale di 20 milioni.

Nelle start up e Pmi innovative, peraltro, sono previste agevolazioni per i prestatori d’opera che possono essere remunerati senza alcun carico fiscale e previdenziale con strumenti finanziari (il cosiddetto work for equity).

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