Agevolazioni

Il bonus pubblicità non premia solo gli incrementi di spesa

di Giorgio Gavelli

Credito di imposta per investimenti pubblicitari vincolato all’incremento di spesa, ma ripartito tra i diversi media pubblicitari non in base all’entità dell’incremento, quanto piuttosto in proporzione alla spesa complessiva sostenuta.

Queste sono le indicazioni che emergono dalla compilazione del modello di comunicazione telematica per l’accesso al credito relativa al 2018 e della dichiarazione sostitutiva sugli investimenti effettuati per il 2017, che imprese, lavoratori autonomi ed enti non commerciali possono inviare entro il 22 ottobre.

I casi pratici

Vediamo, con l’aiuto degli esempi pubblicati in pagina, come opera il meccanismo. Dalle risposte alle Faq del dipartimento per l’Editoria è emersa l’esatta declinazione dell’approccio incrementale sul periodo precedente di riferimento (24 giugno-31 dicembre 2016 per il bonus riferito all’analogo periodo del 2017, ovvero anno 2017 per il bonus 2018).

Nel caso in cui nel periodo di riferimento non vi siano costi ammissibili, anche eventualmente perché l’impresa si è costituita successivamente, il bonus non spetta (si veda Il Sole 24 Ore del 26 settembre). In questo senso, proprio con riferimento a una società di nuova costituzione, si è espressa anche l’agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n. 38, pubblicata ieri.

In proposito il dipartimento conferma la lettura imposta dal Consiglio di Stato nel parere 1255 del maggio scorso sullo schema di regolamento poi pubblicato come Dpcm 90/2018, in controtendenza rispetto ad agevolazioni passate e presenti. Dagli esempi numerici (esempi 1 e 2) si comprende come:

l’incremento percentuale minimo dell’1% deve, in primo luogo, essere presente a livello di investimenti complessivi nei due canali agevolabili, il che significa che se su entrambi nel periodo di riferimento le spese sono state pari a zero non spetta alcun beneficio;

rispettato tale paletto, l’incremento assume rilevanza solo nel canale pubblicitario in cui gli investimenti del periodo precedente non sono pari a zero, e nei limiti di esso.

Superato questo primo scoglio, scatta il tema del riparto del credito d’imposta tra i diversi media ammessi all’agevolazione.

Il maggiore investimento

Supponendo un incremento per entrambi i canali di spesa (esempio 3), dalla compilazione del modello emerge che la ripartizione del bonus che il software effettua in automatico non premia il maggior incremento quanto il maggior investimento.

Il credito d’imposta totale spettante, infatti, viene ripartito non sulla base dell’incremento da un anno all’altro per singolo mezzo pubblicitario, ma in base all’ammontare degli investimenti effettuati nell’anno sul singolo canale di spesa, in rapporto al totale dell’investimento annuo complessivo. Può così capitare che, a fronte di due incrementi analoghi sul periodo di riferimento, quasi tutto il credito d’imposta sia attribuito a un solo media, ossia quello in cui è stato fatto l’investimento maggiore rispetto al totale.

Così come a un incremento maggiore non è affatto detto che corrisponda, in proporzione, un credito d’imposta maggiore, dipendendo dall’entità dell’investimento nel periodo.

Le conclusioni

Stante questa scelta, effettuata a monte della realizzazione del software e su cui non è possibile incidere in alcun modo, gli effetti non si dovrebbero riverberare sull’utilizzo del bonus da parte dei contribuenti (analogo per i due canali di spesa) quanto, piuttosto, sulla distribuzione delle risorse e sull’eventuale ripartizione qualora si superasse il plafond complessivamente reso disponibile per quello specifico canale di spesa.

L’articolo 4 del Dpcm 90/2018 prevede, infatti, che nel caso di insufficienza delle risorse disponibili rispetto alle richieste ammesse, si procede alla ripartizione delle stesse tra i beneficiari in misura proporzionale al credito d’imposta astrattamente spettante, tenuto conto delle distinte imputazioni delle risorse per tipologia di investimento. Credito che, come dimostrato, viene ripartito non con riferimento all’incremento quanto, piuttosto, prendendo come base l’investimento operato, con risultati che, in presenza di risorse insufficienti su uno (o entrambi) i canali di spesa, potrebbero destare più di una sorpresa.

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