Agevolazioni

Amministratori e direttori fuori dagli sconti sul welfare

di Alessandro Rota Porta

I benefit di welfare corrisposti all’amministratore unico di una società non possono essere esclusi dalla formazione del reddito di lavoro dipendente, perché la sua condizione lavorativa non è compatibile con la condizione di lavoratore subordinato. È uno dei chiarimenti forniti dall’agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello 10 del 25 gennaio 2019, nella quale sono stati chiariti diversi profili sul regime fiscale di favore di alcuni tra i benefit annoverati all’articolo 51, comma 2 del Testo unico delle imposte sui redditi.

L’analisi delle Entrate si è concentrata, da un lato, sui destinatari delle misure agevolative e sulla nozione di “categoria” di dipendenti; dall’altro lato, è stato chiarito l’ambito della deducibilità dei costi relativi ai benefit riconosciuti in base al regolamento del piano di welfare.

Il soggetto che aveva posto il quesito è una società gestita da un amministratore unico, percettore di un compenso fiscalmente inquadrabile tra i redditi assimilati a quelli ++ di lavoro dipendente, e costituita da alcuni lavoratori dipendenti diretti (di cui un direttore di sala, cinque addetti alla sala, cinque addetti alla cucina e uno alla cassa), da un lavoratore in somministrazione a tempo determinato (addetto alla sala) e da uno stagista extracurriculare (anch’egli addetto alla sala) percettore di una indennità inquadrabile tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (articolo 50, comma 1, lettera c), del Tuir).

Secondo quanto prospettato nell’istanza, il piano di welfare (unilaterale) messo in campo dalla società – per incrementare il livello di soddisfazione dei propri dipendenti – prevede, con oneri a carico del datore, tre benefit diversificati in base a categorie omogenee, tramite uno specifico regolamento aziendale in adempimento di un obbligo negoziale.

Le misure in questione rientrano tra quelle indicate all’articolo 51, comma 2, lettere f) e f-bis), del Tuir e consistono in:

assistenza domiciliare ai familiari anziani previa convenzione con struttura privata specializzata in servizi socio-assistenziali;

frequenza di un corso privato di lingua extra-scolastico per i figli presso centri professionali di formazione linguistica, rivolti alla categoria dei “manager” (amministratore unico e direttore di sala);

servizio di check-up cardiaco presso una struttura sanitaria convenzionata, destinato alla categoria degli addetti alla sala (esclusi gli addetti alla cucina e alla cassa).

L’agenzia delle Entrate ricorda che questi servizi, per essere pienamente agevolabili, devono rispettare tre requisiti:

essere messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti;

riguardare esclusivamente erogazioni in natura e non erogazioni sostitutive in denaro;

perseguire specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale o culto.

Nel caso prospettato, le ultime due condizioni ricorrono perché, per i servizi contenuti nel piano welfare, i lavoratori non possono ricevere, direttamente o indirettamente, alcuna somma di denaro né dal datore di lavoro né da parte dell’erogatore del servizio, nemmeno a titolo di rimborso totale o parziale. Inoltre, sono rispettate le finalità di educazione e istruzione, nonché quelle di assistenza sociale e sanitaria richieste dall’articolo 100 del Tuir.

Più articolata è, invece, la verifica del perimetro della categoria di dipendenti: poiché le disposizioni fiscali non riconoscono l’esenzione dei benefici welfare ogni qual volta le somme o i servizi siano rivolti ad personam o costituiscano dei vantaggi solo per alcuni lavoratori, le Entrate non hanno ammesso al regime agevolato i servizi destinati all’amministratore della società e al direttore di sala.

Per il primo, poiché la qualifica di amministratore unico di una società non è compatibile con la condizione di lavoratore subordinato alle dipendenze della stessa e, quindi, non può rientrare in una “categoria” di dipendenti. Per il secondo, perché restando unico componente della categoria individuata dall’istante, l’assegnazione si configurerebbe a titolo individuale.

Nessun dubbio, invece, sul riconoscimento del regime esentativo alla categoria degli addetti alla sala, tra cui lo stagista (in quanto percettore di reddito assimilato a quello da lavoro dipendente) e il lavoratore somministrato.

Per quanto riguarda la deducibilità da parte della società dei costi relativi ai benefit, l’Agenzia ha precisato che il piano, essendo configurato come obbligo negoziale e non volontario, può godere della piena deducibilità del costo sostenuto dal reddito d’impresa, in base all’articolo 95 del Tuir: infatti, non solo è presente il requisito della non revocabilità ma sono anche precluse modifiche autonome da parte del datore di lavoro. Diversamente, si ricadrebbe nell’ipotesi della deducibilità limitata (articolo 100 del Tuir).

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