Agevolazioni

Se si entra nel forfettario eventuali costi residui devono essere cumulati

di Nicola Forte

I professionisti che sono entrati nel regime forfettario (articolo 1 della legge 190 del 2014) potrebbero non avere ancora completato la deduzione delle quote di ammortamento delle spese di manutenzione o di ammodernamento, oltre il plafond del 5%, sostenute negli anni precedenti, quando applicavano il regime ordinario.

Non si tratta di beni ammortizzabili e quindi non è valida la soluzione secondo cui gli ammortamenti dovrebbero essere sospesi durante l’applicazione del regime forfettario, per poi riprendere nel momento dell’uscita dallo stesso.

Il caso in esame è stato disciplinato espressamente dall’articolo 1, comma 66, della legge 190. In particolare, i componenti positivi e negativi di reddito riferiti ad anni precedenti a quello in cui ha effetto il regime forfettario, la cui tassazione o deduzione è stata rinviata in conformità alle disposizioni del Tuir, che consentono o dispongono il rinvio, «partecipano per le quote residue alla formazione del reddito dell’esercizio precedente a quello di efficacia del predetto regime».

Si consideri ad esempio il caso in cui al 31 dicembre 2018, cioè l’ultimo anno di determinazione del reddito con i criteri ordinari, il professionista non abbia ancora considerato in deduzione tre quote (pari a 500 euro ciascuna) relative al costo di ristrutturazione dell’immobile.

Queste quote non sono state considerate in deduzione in un’unica soluzione in quanto eccedenti il plafond del 5 per cento. Il costo residuo, che non ha ancora partecipato alla formazione del reddito del professionista, pari a 1.500 euro, dovrà essere considerato in deduzione in un’unica soluzione, nel periodo d’imposta 2018, quello precedente all’ingresso nel forfait. In questo modo il periodo soggetto a tassazione forfettaria non risulta “inquinato” dalle componenti reddituali relative alle annualità precedenti.

Potrebbe poi verificarsi che nel corso del periodo di applicazione del forfait il professionista sostenga spese di manutenzione, ristrutturazione o ammodernamento dell’immobile utilizzato come sede dello studio. A seguito delle modifiche intervenute con l’approvazione della legge di bilancio 2019, non rappresenta più una causa ostativa all’ingresso nel forfait l’ammontare dei beni strumentali utilizzati.

Quindi può ben verificarsi che il professionista forfettario eserciti l’attività nello studio detenuto a titolo di proprietà. In tale ipotesi le spese di manutenzione e ristrutturazione non sono deducibili in quanto il reddito sarà determinato esclusivamente applicando il coefficiente di redditività del 78 per cento.

La soluzione vale sia per le spese sostenute entro il limite annuale del plafond del 5% del valore dei beni materiali ammortizzabili detenuti all’inizio del periodo d’imposta, ma anche per le spese eccedenti il predetto limite (deducibili dai contribuenti ordinari in cinque quote costanti). Queste quote teoriche non potranno essere considerate in deduzione dal reddito professionale neppure negli anni successivi, laddove il professionista fosse obbligato o decidesse di uscire dal forfait.

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