Agevolazioni

Impatriati, bonus maggiorato ancora in stand-by

di Michela Magnani e Antonello Orlando

La risposta del 28 luglio all’interrogazione parlamentare della Commissione Finanze della Camera conferma che il bonus fiscale “maggiorato” fino al 90% per 10 anni, per i lavoratori impatriati trasferiti in Italia nel 2019, non è accessibile legittimamente (e quindi neppure in dichiarazione) senza l’emanazione del Decreto attuativo dell’Economia e delle Finanze.

Per inquadrare correttamente la risposta fornita dal Mef è opportuno riassumere la complessa situazione creatasi dopo l’entrata in vigore del Dl n. 124/2019. Va ricordato che alla fine dell’aprile 2019 il Dl n. 34/2019 aveva esteso la platea dei lavoratori che potevano accedere al bonus fiscale per i cosiddetti “impatriati”. L’articolo 16, comma 1, del Dlgs n. 147/2015 era stato riformulato richiedendo quale requisito, accanto a quello - rimasto immutato e alternativo - per laureati del comma 2, che i lavoratori avessero risieduto all’estero nei 2 (e non più 5) periodi d’imposta precedenti “l’impatrio” in Italia e non era più necessario che il soggetto impatriato riscoprisse ruoli direttivi ovvero fosse dipendente di una società italiana o distaccato in Italia da un gruppo internazionale. Inoltre, la fruizione del beneficio veniva garantita anche a chi era rimasto formalmente residente in Italia, ma che, secondo i criteri della convenzione contro le doppie imposizioni applicabile, veniva considerato residente dell’altro Stato contraente.

Le modifiche del decreto Crescita avevano anche ridotto l’imponibile fiscale con uno sconto del 70% (in luogo del 50), arrivando fino al 90% per gli impatriati trasferiti in una delle 8 regioni italiane del mezzogiorno; il bonus inoltre era stato esteso di altri 5 anni (con sconto dell’imponibile al 50%) o per lavoratori con almeno un figlio minorenne o a carico, o in caso di acquisto di un immobile residenziale in Italia al massimo 12 mesi prima del trasferimento. La riduzione dal sesto al decimo anno veniva poi portata al 90% per gli impatriati con non meno di 3 figli minorenni o a carico.

Mentre secondo il decreto Crescita le nuove norme dovevano essere applicate ai soggetti fiscalmente residenti in Italia dal 2020, il collegato fiscale alla manovra (Dl n. 124/2019) ne ha anticipato la decorrenza dall’anno d’imposta 2019, ma solo per coloro che avevano trasferito la residenza fiscale in Italia dal 30 aprile al 3 luglio 2019.

L’interrogazione alla Commissione Finanze, oltre a sottolineare l’evidente discriminazione patita da chi si era trasferito in Italia prima del 30 aprile 2019, chiedeva che venisse chiarito quando verrà emanato il decreto del Mef che dovrà illustrare i criteri di accesso al fondo Contro-Esodo, dotato di appena 3 milioni a partire dal 2019. La risposta del Ministero riconosce che l’importo stanziato coprirà i maggiori costi (cioè il 20%) derivanti dall’incremento dell’agevolazione fiscale nel primo quinquennio e dall’intero importo della riduzione (pari al 50%) dell’imponibile fiscale per l’eventuale secondo quinquennio e ammette le difficoltà di conciliare la contenuta dote finanziaria della norma di fine 2019 con le incognite, per ciascuno dei futuri richiedenti, che potranno ad esempio arrivare ad avere 3 figli nel corso del primo quinquennio di residenza in Italia, aumentando così il peso del beneficio senza possibilità di monitoraggio preventivo.

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