Agevolazioni

Assegno unico per i figli, non bastano 20 miliardi per partire a luglio

di Marco Mobili

L’assegno unico e universale per i figli è legge. Con un voto quasi all’unanimità con 227 favorevoli, nessun contrario e solo 4 astenuti, l’Aula di Palazzo Madama ha approvato definitivamente la legge delega che rivoluziona le regole per il sostegno alla famiglia. «Un primo pezzo del Family Act», ha detto la ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti (Iv), spiegando che «si tratta di un importante intervento economico a sostegno della crescita di tutti i figli». Una riforma accolta con grande soddisfazione anche dalla sottosegretaria all’Economia Maria Cecilia Guerra (Leu): «Una rivoluzione di cui si discute da decenni e che ora potrà garantire un sostegno universale alla responsabilità familiare e un aiuto concreto a una platea più ampia di cittadini a partire dai dieci milioni di incapienti fino ai lavoratori autonomi fino ad oggi esclusi dall’assegno al nucleo familiare».

Ora sta al Governo correre per attuare la delega nei prossimi tre mesi e garantire dal prossimo 1° luglio un assegno unico e universale da 250 euro a figlio, almeno secondo quanto promesso dallo stesso presidente del Consiglio, Mario Draghi, la scorsa settimana. Ma proprio sull’importo del nuovo assegno unico si giocherà gran parte dell’attuazione della delega. Garantire universalmente 250 euro ad ogni figlio fino a 21 anni potrebbe voler dire di non tutelare maggiormente le fasce più deboli e non aver per questo utilizzato parametri più selettivi nell’erogazione dell’aiuto alle famiglie.

Oggi a disposizione ci sono circa 20 miliardi di euro di cui circa due terzi recuperati dalle modifiche o dalle abolizioni dei diversi istituti previsti dal nostro ordinamento a sostegno della famiglia e della natalità e che vanno dall’assegno al nucleo familiare alle detrazioni per figli a carico, dai bonus asili nido all’assegno a sostegno della natalità o ancora dall’estensione del congedo di paternità alle detrazioni Irpef per il quarto figlio. Ci sono poi 3 miliardi stanziati nel Fondo per la famiglia dall’ultima legge di bilancio per il secondo semestre 2021 e che raddoppiano a regime dal 2022. Ma ancora insufficienti per garantire la soglia dei 250 euro. La scommessa è allora quella di «investire sulla natalità», ha detto Andrea Marcucci, l’ex presidente del gruppo Dem al Senato. E per farlo «le risorse dovranno essere trovate con i decreti attuativi,per i quali ci vuole l’impegno di tutti» ha aggiunto Marcucci.

L’obiettivo, come detto, è quello di far decollare il nuovo assegno unico e universale dal prossimo 1° luglio e riconoscerlo per ogni figlio a carico dal 7° mese di gravidanza fino al diciottesimo anno di età e con importo maggiorato dal secondo figlio in poi. Sarà comunque riconosciuto fino al compimento del 21 anno di età ma sarà di importo ridotto e pagato direttamente al figlio maggiorenne nel caso in cui questo sia iscritto all'università, svolga un tirocinio, frequenti un corso professionale, sia impegnato nel servizio civile universale, svolga un lavoro a basso reddito o sia registrato come soggetto disoccupato e in cerca di lavoro presso un centro per l'impiego o un’agenzia per il lavoro. Altra maggiorazione già prevista dalla legge delega, secondo un’aliquota non inferiore al 30% e non superiore al 50%, è quella per ciascun figlio con disabilità, rispettivamente minorenne o maggiorenne e di età inferiore a ventuno anni, con importo della maggiorazione graduato secondo le classificazioni della condizione di disabilità. L’assegno inoltre sarà compatibile con il Reddito di cittadinanza (e della Pensione di cittadinanza). Anche se nella determinazione dell’ammontare complessivo dell’assegno e del beneficio economico del Reddito di cittadinanza si dovrà comunque tener conto del fatto che oggi lo strumento di sostegno alla povertà ,per come è costruito, finisce per penalizzare le famiglie con più figli.

Si tratta dunque di una misura importante ma che, come ha sottolineato ancora la Guerra, «non esaurisce il nostro impegno nei confronti dei giovani che richiede non solo trasferimenti monetari ma servizi come asili nido e il tempo pieno nelle scuole medie. Servizi che devono favorire l’accudimento dei figli e soprattutto la partecipazione delle donne al mercato del lavoro». In soccorso di questa seconda tappa arriva comunque il Recovery plan.

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