Contenzioso

Licenziamenti: tempi adeguati per le contestazioni

di Giuseppe Bulgarini D'Elci

Il principio di tempestività del licenziamento per giusta causa va inteso in senso relativo e, nell'ambito di tale accertamento, il giudice del lavoro si muove su binari distinti da quelli del giudice penale.

Questi i capisaldi della sentenza della Cassazione 22291/14 dello scorso 21 ottobre con cui è stata confermata la validità di un licenziamento in tronco intimato dalla casa di cura ad un medico per avere reso intra moenia prestazioni private a malati oncologici durante l'orario di lavoro e senza autorizzazione, a fronte di compensi pagati direttamente dai pazienti.

Il primo principio neutralizza l'eccezione di tardività mossa dal medico, il quale aveva sostenuto che, scaturendo il licenziamento da una lettera di addebiti ritenuti coincidenti ad analoghe censure disciplinari risalenti ad un anno prima, la casa di cura aveva già avuto modo di valutare sul piano disciplinare la condotta inadempiente.

Diversamente, il giudice di merito, con motivazione condivisa dalla Cassazione, ha accertato che mentre la prima contestazione conteneva un generico addebito circa lo svolgimento di attività lavorativa privata, la seconda recava un elenco preciso delle prestazioni contestate – raccolte nel lasso di tempo tra la prima e la seconda contestazione disciplinare – le quali confermavano la gravità delle iniziative del medico, che risultava avere indotto i pazienti a rivolgersi alla casa di cura confidando nella gratuità delle prestazioni ed approfittando del loro stato di gravissimo bisogno.

La Suprema Corte riconferma che il requisito dell'immediatezza della contestazione va inteso in senso relativo, potendo essere compatibile con un intervallo di ampie dimensioni se l'accertamento dei fatti ascritti al lavoratore richieda uno spazio temporale più lungo.

La Cassazione, quindi, ha ribadito il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui il processo civile, salve limitate ipotesi di sospensione stabilite dall'articolo 75, comma 3, Codice di procedura penale, deve seguire autonomamente il suo corso senza essere influenzato dalle soluzioni e qualificazioni di un contestuale processo penale.

La Suprema Corte sul piano della valutazione della giusta causa, ha così ritenuto irrilevante la pronunzia di assoluzione resa in sede penale per insussistenza del fatto contestato e, sul piano della tempestività, ha escluso l'eccezione di tardività del licenziamento rispetto all'accertamento effettuato in sede penale.

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