Contenzioso

La stazione appaltante deve verificare se l’irregolarità contributiva viene sanata

di Silvano Imbriaci

Con quali limiti la stazione appaltante può sindacare i documenti che attestano la regolarità contributiva ai fini dell'affidamento in appalto di lavori pubblici? La sentenza del Consiglio di Stato 5064/2014 tenta di rispondere a questa domanda, occupandosi della legittimità di un atto di revoca di un'aggiudicazione provvisoria da parte di un Comune a seguito dell'acquisizione di un Durc relativo ad una ausiliaria della ditta appaltatrice, nel quale era segnalata una irregolarità contributiva alla data di scadenza del termine di presentazione delle domande. Il problema riguarda sostanzialmente l'interpretazione dell'art. 38 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (decreto contenente il Codice dei contratti pubblici), disposizione che esclude dalla partecipazione dalle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, tra gli altri, i soggetti che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali ed assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti (art. 38 cit., I comma, lett. i). Secondo il Consiglio di Stato occorre distinguere le due situazioni, della gravità della violazione e del loro carattere definitivo. La gravità della violazione è un requisito accertato direttamente dall'ente previdenziale, ed è contenuto nell'apposito documento certificativo (Durc) il quale fa stato nei confronti dei soggetti coinvolti nelle procedure di evidenza pubblica, non solo sotto il profilo della regolarità contributiva formale, ma anche per quanto attiene alla valutazione della gravità della violazione. Tale conclusione, dopo una serie di interventi anche di segno opposto, è stata definitivamente adottata dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (sentenza n. 8 del 4 maggio 2012), secondo cui la mancanza del Durc comporta una presunzione assoluta di gravità delle violazioni previdenziali e preclude una autonoma valutazione da parte delle stazioni appaltanti. Se questa interpretazione, seguita dal Consiglio di Stato anche nella sentenza in commento, pone un freno al favor partecipationis alle gare da parte delle imprese, di segno totalmente opposto è la seconda parte della pronuncia n. 5064/2014, relativa alla verifica del requisito del carattere definitivo delle irregolarità riscontrate. Secondo quanto disposto dal D.M. 24 ottobre 2007 (normativa che regolamenta le modalità di rilascio del Durc l'ente previdenziale, in mancanza dei requisiti di regolarità contributiva elencati all'articolo 5 del Dm, deve invitare l'impresa a regolarizzare la propria posizione contributiva, entro un termine breve (non superiore a 15 giorni: art. 7, comma 3). La ratio volta a favorire la massima partecipazione alle gare sostiene anche la traduzione a livello legislativo di questa disposizione, il cui principio è recepito dall'art. 31, comma 8 del d.l. n. 69/2013 (conv. in l. n. 98/2013), comunque non applicabile ratione temporis al caso di specie. Dunque, secondo il Consiglio di Stato, bene ha fatto il TAR ad annullare la revoca dell'aggiudicazione, in quanto la irregolarità contributiva che era stata segnalata era stata rapidamente sanata dalla stessa impresa ausiliaria, a testimonianza del carattere episodico e non volontario della inadempienza contributiva, risultante anche da copiosa documentazione in atti. Se ne ricava, dunque, che la certificazione di una irregolarità contributiva nel Durc, per definizione grave ai fini dell'esclusione dalle gare di aggiudicazione di appalti pubblici, non esime la stazione appaltante dalla verifica in concreto del carattere definitivo di tale irregolarità, non potendosi limitare solo ad una presa d'atto di una irregolarità formale e non corrispondente ad una effettiva volontà dell'impresa inadempiente di sottrarsi ai propri obblighi contributivi.

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