Contenzioso

I manager rientrano nei licenziamenti collettivi

di Giampiero Falasca

Con la norma contenuta nella legge europea appena approvata dal parlamento che sancisce l'applicazione nei confronti dei dirigenti delle procedure di licenziamento collettivo, cambiano notevolmente le regole e le prassi da seguire nel caso in cui un datore di lavoro intenda procedere a più di quattro licenziamenti nell'arco di 120 giorni.

Si ricorda che la nuova norma recepisce la sentenza della Corte di giustizia europea del 13 febbraio scorso (causa 596/2012) e modifica l'articolo della legge 223/91 nella parte in cui quest'ultimo escludeva l'obbligo di rispettare le procedure di riduzione del personale nei confronti dei lavoratori con qualifica dirigenziale (si legga anche il Sole 24 Ore dello scorso 26 ottobre).

Il primo cambiamento riguarda i criteri di calcolo da seguire per capire se deve applicarsi la procedura di licenziamento collettivo.

Con la nuova disciplina, i dirigenti vanno considerati sia ai fini del raggiungimento della soglia delle 5 persone che l'azienda intende licenziare, sia ai fini del superamento della soglia dei 15 dipendenti presenti nell'organico aziendale.

Il secondo cambiamento riguarda l'impostazione della lettera di avvio della procedura di riduzione del personale: tra i destinatari necessari entrano di diritto anche le organizzazioni di rappresentanza sindacale dei manager, le quali dovranno partecipare a tutte le fasi della procedura collettiva, a partire dall'esame congiunto in sede sindacale fino all'ulteriore ed eventuale mediazione da svolgersi in sede amministrativa.

La diversità di regime giuridico applicabile ai dirigenti, unita al fatto che la nuova normativa ipotizza lo svolgimento di «appositi incontri», lasciano presumere che possano anche svolgersi tavoli separati, fermo restando l'obbligo di rispettare i termini e le procedure di legge.

Un cambiamento importante riguarda anche la disciplina applicabile all'intimazione del licenziamento. I dirigenti da licenziare dovranno essere individuati mediante l'applicazione di criteri di scelta ordinari: quindi, mediante l'applicazione – in concorso tra loro – dei carichi di famiglia, dell'anzianità di servizio e delle esigenze produttive, oppure – in alternativa – dei criteri definiti mediante accordo sindacale.

Questa decisione è sorprendente in quanto la normativa comunitaria non sembrava considerare indispensabile l'applicazione dei criteri di scelta nei confronti dei dirigenti, anche perché questi si conciliano poco con la natura fiduciaria del rapporto di lavoro dirigenziale.

Il legislatore italiano non ha tenuto conto di questi aspetti e ha scelto di estendere anche ai dirigenti l'obbligo di applicare i criteri di scelta; c'è da sperare che nella prassi applicativa si sviluppino buone prassi al tavolo sindacale per definire criteri di scelta maggiormente adatti al lavoro manageriale.

L'ultima novità riguarda il regime sanzionatorio. La legge identifica due violazioni specifiche (mancato rispetto della procedura collettiva, violazione dei criteri di scelta) e per entrambe individua, come sanzione, l'obbligo di pagamento di un'indennità in misura compresa tra 12 e 24 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.

La legge precisa che la sanzione si applica «fatte salve le diverse previsioni» contenute negli accordi collettivi applicati al rapporto di lavoro; questa espressione non brilla per chiarezza, ma sembra chiaro che le somme definite dalle parti sociali sostituiranno quelle di legge, senza dare luogo a un trattamento ulteriore e aggiuntivo.

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