Contenzioso

Il corretto esercizio della professione vincolante per l'accesso alla prestazione della Cassa

di Fabio Venanzi

Al momento dell'erogazione delle prestazioni, la Cassa di previdenza dei dottori commercialisti – e in generale quelle dei liberi professionisti – hanno il potere di annullare i periodi contributivi durante i quali la professione è stata svolta in situazione d'incompatibilità, ancorché non sia stata accertata dal Consiglio dell'Ordine di iscrizione del professionista.

Lo precisa la Corte di cassazione con la sentenza 24140 depositata ieri. Superando contrasti giurisprudenziali interni alla Corte stessa, secondo la quale in un primo momento le Casse non potevano rilevare situazioni di incompatibilità se a ciò non avesse provveduto l'Ordine competente, si è affermato il principio che tale potere doveva essere esercitato poiché l'ente previdenziale aveva l'obbligo di accertare il requisito dell'esercizio della professione periodicamente e comunque prima dell'erogazione dei trattamenti previdenziali o assistenziali.

Ciò vale anche quando nei regolamenti interni non si rinviene tale facoltà in capo alla Cassa stessa. Talune Casse (avvocati e geometri) hanno disposizioni che contemplano tale facoltà. Nella legge 21/1986, di disciplina della Cassa dei dottori commercialisti, è prevista la verifica della sussistenza dei requisiti durante la carriera dell'iscritto essendo autorizzata anche all'invio di questionari finalizzati all'acquisizione degli elementi ritenuti rilevanti sia in ordine all'iscrizione, sia in ordine alla contribuzione.

In altri termini, la Cassa è tenuta a verificare l'esistenza del legittimo esercizio della professione, che si manifesta anche nell'assenza di situazioni d'incompatibilità e assumendo rilevanza sotto due punti di vista, che sono tra loro paralleli e inscindibili: il primo relativo all'esercizio della professione e il secondo relativo all'aspetto previdenziale. D'altronde l'eventuale incompatibilità riscontrata dalla Cassa non porrebbe in essere un annullamento dell'iscrizione all'Ordine (non rientrando nelle sue possibilità), ma a verificare il corretto esercizio della professione e di conseguenza la possibilità di accedere alla prestazione richiesta.

Tale controllo può essere reiterato nel corso del tempo anche se il Collegio di riferimento non ne ha accertato l'incompatibilità oppure non le abbia perseguite. Se si negasse alla Cassa la possibilità di verificare lo “status” dell'iscritto si giungerebbe all'esito secondo cui nessuno (oltre all'Ordine) potrebbe più verificare il legittimo e continuativo esercizio della professione. Deve pertanto ritenersi che l'accertamento della sussistenza del requisito dell'esercizio della professione debba intendersi implicitamente e necessariamente esteso al suo legittimo esercizio.

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