Contenzioso

Sul licenziamento disciplinare del socio coop decide il giudice del lavoro

di Giampiero Falasca

Se il rapporto di lavoro del socio di una cooperativa si interrompe per ragioni disciplinari, la relativa controversia deve essere incardinata presso il giudice del lavoro: in questo caso, non opera la legge 142/2001, nella parte in cui assegna al giudice ordinario le controversie aventi a oggetto l'estinzione del rapporto associativo.

Così sì è espressa la Corte di cassazione con la sentenza 25237/2014, a conclusione di una controversia nata a seguito del licenziamento disciplinare intimato da una cooperativa nei confronti di un socio lavoratore. A seguito dell'azione promossa dal lavoratore avanti al giudice del lavoro, la cooperativa ha eccepito l'incompetenza per materia, sostenendo che la causa avrebbe dovuto essere decisa davanti al giudice civile. A sostegno di questa tesi, la cooperativa ha invocato quanto previsto dalla legge 142/2001, che regola il rapporto di lavoro del socio lavoratore. Secondo la legge, tale rapporto ha un duplice risvolto: è un rapporto associativo, ma è anche un rapporto di lavoro, che si può svolgere in forma subordinata, coordinata o autonoma.

La medesima legge 142/2001 stabilisce, all'articolo 5, comma 2, che il rapporto di lavoro del socio si può estinguere con una delibera, assunta dagli organi della cooperativa, nei casi e con le modalità previste dalle norme dello statuto sociale. La Cassazione osserva che tale norma sancisce la dipendenza del rapporto di lavoro da quello associativo, in quanto configura l'estinzione del rapporto di lavoro come effetto immeditato della delibera di esclusione del socio, ma solo quando la cooperativa disponga l'esclusione del socio per uno dei motivi previsti dallo statuto sociale.

Solo in questa ipotesi, prosegue la sentenza, la competenza a decidere circa l'esistenza dei presupposti per il mantenimento del rapporto associativo è del giudice ordinario, e solo in questi casi l'eventuale successo dell'azione con la quale si impugna la delibera di esclusione determina la ricostituzione automatica sia del rapporto associativo, sia di quello lavorativo. In altre parole, secondo la Corte, al giudice civile spetta la competenza delle sole controversie aventi a oggetto la prestazione mutualistica.

Se invece il rapporto si estingue per ragioni che non hanno nulla a che fare con il rapporto associativo, ma ha per oggetto solo questioni attinenti al rapporto di lavoro (come nel caso oggetto della pronuncia, nel quale il recesso era stato intimato per motivi di natura disciplinare), la competenza - secondo la Suprema corte - non può che essere radicata in capo al giudice del lavoro, unico soggetto titolato a decidere in merito ai diritti sostanziali e previdenziali dei lavoratori.

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