Contenzioso

Decreto “Salva Italia”: inammissibilità della richiesta di referendum sulla nuova disciplina dei trattamenti pensionistici

di Silvano Imbriaci

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 6/2015, ha dichiarato l'inammissibilità della richiesta di referendum abrogativo dell'art. 24 del Decreto “Salva Italia” (d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, conv. in l. n. 22 dicembre 2011, n. 214), norma che, come è noto, ha previsto una nuova disciplina in materia di accesso ai trattamenti pensionistici. In particolare, l'art. 24, a decorrere dal 1.1.2012, per i soggetti che maturano i requisiti a tale data, ha sostituito i precedenti trattamenti pensionistici di vecchiaia, di vecchiaia anticipata e di anzianità con la nuova pensione di vecchiaia e con la pensione anticipata, sostitutiva della precedente pensione di anzianità, e nello stesso tempo ha introdotto più severi requisiti assicurativi ed anagrafici di accesso, per entrambe le prestazioni, in linea con le urgenti esigenze di bilancio. La richiesta di referendum popolare, avanzata da quindici cittadini italiani nel febbraio 2014, è stata ritenuta inammissibile sostanzialmente per 2 diversi motivi:

a) il collegamento della norma che si intende abrogare con la legge di bilancio.

Posto che l'art. 75 della Costituzione pone il divieto di ammissibilità di referendum abrogativi delle leggi di bilancio, tale divieto deve essere interpretato come esteso anche a quelle disposizioni che hanno effetti strettamente collegati con le disposizioni e leggi di bilancio (principio espresso fin da Corte Cost. n. 16/1978). Opportunamente la Corte precisa che nel concetto di legge di bilancio non rientrano tutte le “leggi di spesa” che comunque si propongono un qualche effetto (diretto o indiretto) sul contenimento della spesa pubblica. Per questo, il criterio per valutare l'ambito di applicazione del divieto di cui al secondo comma dell'art. 75 Cost. non può che essere quello dello stretto collegamento con l'ambito di operatività delle leggi di bilancio, tanto da poter essere espressione ed entrare a far parte della “manovra di bilancio” complessivamente intesa. Nel caso di specie, questo stretto collegamento si ricava da molteplici fattori. Primo fra tutti il fatto che la norma in questione si inserisce all'interno di un provvedimento correttivo ed integrativo della legge n. 183/2011, di bilancio, andando a costituire una vera e propria “manovra correttiva”, resasi necessaria per mantenere gli impegni assunti in sede europea. L'art. 24, in modo specifico, ha inoltre abrogato alcune disposizioni contenute all'interno della legge di bilancio (art. 5, l. n. 183/2011) che ritardavano l'innalzamento del requisito anagrafico per l'accesso al trattamento pensionistico, con effetti diretti, dunque, di maggiori risparmi di spesa rispetto a quanto previsto dalla norma abrogata. Ed è lo stesso incipit dell'art. 24 cit. che caratterizza questa norma in senso differente rispetto ad una ordinaria legge di spesa, nel senso di promuoverla quale strumento principale per garantire il rispetto dei vincoli di bilancio assunti in sede europea, rafforzando la sostenibilità nel lungo periodo del sistema pensionistico in termini di incidenza della spesa previdenziale sul prodotto interno lordo. Peraltro, lo stretto collegamento con le disposizioni di bilancio è confermato anche dal fatto che la successiva legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015), ha direttamente inciso in senso modificativo su una serie di disposizioni contenute nell'art. 24 cit. (in particolare il comma 10 ed il comma 2), avvalorando quindi la caratteristica di vera e propria manovra finanziaria assunta dall'art. 24 (e dall'intero Decreto “salva Italia”).

b) la struttura della norma.

La Corte ritiene inammissibile il quesito referendario anche per la carenza di omogeneità dello stesso. L'art. 24 del d.l. n. 201/2011 è norma eterogenea, che prevede diversi e vari interventi e non solo sul sistema pensionistico (a dispetto della intitolazione), non riconducibili ad unità se non nel segno del perseguimento dei risparmi di spesa di cui in premessa. Tanto che le disposizioni in essa contenute sfociano anche in settori affini, quali la contribuzione di solidarietà, o la creazione di un Fondo per favorire l'occupazione giovanile e femminile, o del tutto avulsi rispetto al sistema pensionistico, prevedendo, ad esempio, la disciplina di una forma di tassazione dei compensi degli amministratori delle società di capitali. L'aver indirizzato la volontà abrogativa sull'intero art. 24 del d.l. n. 201/2011 imporrebbe una scelta obbligata all'elettore che, di fronte ad un aggregato indivisibile di norme, non avrebbe la possibilità concreta scegliere di salvare quelle disposizioni eterogenee e ritenute condivisibili, il tutto a scapito dell'autenticità dell'espressione della volontà abrogativa.

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