Contenzioso

Valido ed efficace l’accordo aziendale ratificato per comportamento concludente

di Angelo Zambelli

Con la sentenza n. 4176, depositata il 2 marzo 2015, la Corte di cassazione ha nuovamente affermato il principio della libertà di forma tanto nella stipulazione di accordi aziendali, quanto in relazione alla loro ratifica.
La vicenda trae origine dalla stipulazione, in data 26 giugno 1998, di un accordo aziendale in forza del quale la società, a seguito dello spostamento di un reparto presso una diversa unità produttiva, si era impegnata ad assumere ex novo i lavoratori indisponibili al trasferimento, attribuendo loro un trattamento economico che escludeva il premio di produzione di cui all'articolo 16 del Ccnl per l'industria chimica del 20 luglio 1990.
La domanda avanzata dal dipendente era diretta alla declaratoria della nullità e/o inefficacia dell'accordo aziendale in esame, poiché sottoscritto da tre membri della Rsu ritenuti privi del relativo potere di rappresentanza, in quanto non costituenti la maggioranza di tale organismo.
Il Tribunale di Velletri respingeva il ricorso promosso dal lavoratore e la Corte d'appello di Roma confermava la statuizione del giudice di primo grado.
La Corte di merito accertava, infatti, la piena validità ed efficacia dell'accordo aziendale del 26 giugno 1998, in quanto non solo lo stesso era stato ratificato per comportamento concludente da tutti gli altri membri della Rsu che nulla avevano opposto alla sua stipulazione e alla successiva applicazione, ma l'accordo era stato persino discusso ed approvato dall'assemblea dei lavoratori interessati, i quali avevano successivamente sottoscritto, senza riserve, contratti individuali di lavoro che non comprendevano fra le voci retributive il premio di produzione.
Contro la sentenza della Corte d'appello proponeva ricorso per cassazione il lavoratore, rilevando che, contrariamente a quanto statuito in sede di gravame, l'accordo sottoscritto da soggetti privi del potere di rappresentanza non poteva ritenersi valido ed efficace, stante la mancanza della forma scritta sia della delega, sia della ratifica, quest'ultima ritenuta necessaria in ragione della forma scritta dell'accordo sindacale.
La Suprema corte ha respinto il ricorso del lavoratore, riaffermando un principio di diritto già sancito dalle Ss.Uu. nel lontano 1995, secondo il quale «non sussiste alcuna norma che preveda, per i contratti collettivi post - corporativi, l'adozione “ad substantiam” della forma scritta, né possono supplire a tale carenza esigenze funzionalistiche o riscontri di norme che presuppongono l'esistenza di un testo scritto del contratto collettivo, posto che le esigenze relative alla funzione dei contratti collettivi possono consigliare l'uso della forma scritta e che il rilievo che quasi sempre la forma scritta viene adottata per ragionevoli motivi di opportunità non giustifica in alcun modo la praticabilità di un procedimento di applicazione analogica per il quale difetta il preciso termine di riferimento, e cioè la norma o il principio che dovrebbe essere analogicamente applicato» (Cass. Ss.Uu. 22 marzo 1995 n. 3318).
Occorre sul punto rammentare che, in tema di contrattazione collettiva, la mancata attuazione dell'art. 39 della Costituzione riconduce i contratti collettivi cosiddetti postcorporativi nell'alveo del diritto privato comune.
Di conseguenza, l'unico contratto che le parti collettive sono oggi in grado di concludere con le controparti datoriali, a qualsiasi livello, altro non è che un contratto atipico (articolo 1322 c.c.) disciplinato dalle norme sui contratti in generale (articolo 1321 c.c. e ss).
Pertanto i giudici di legittimità - partendo dal rilievo che, in applicazione del principio generale della libertà di forma sancito per i contratti di diritto privato, l'accordo aziendale è valido anche se non è stipulato per iscritto – sono giunti a statuire che, ai sensi dell'articolo 1399 c.c., non può essere richiesta per la ratifica una forma non prescritta per il negozio al quale la ratifica stessa si riferisce.
La Corte di cassazione ha, dunque, correttamente confermato la sentenza di merito che, sulla scorta della espletata prova testimoniale e con motivazione immune da vizi logici o giuridici, aveva ravvisato nel comportamento complessivo dei rappresentanti sindacali non firmatari una ratifica per “facta concludentia” dell'accordo stipulato dagli altri membri della Rsu privi del potere di rappresentanza.
Peraltro, ferma la correttezza della decisione e per mera completezza, sorprende che nell'argomentare logico-giuridico della Suprema corte elementi quali la ratifica da parte dell'assemblea dei lavoratori e l'assunzione ex novo con contratto individuale recante condizioni economico contrattuali differenti non siano stati considerati già di per sé sufficienti per il rigetto delle domande del ricorrente.

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