Contenzioso

La disattenzione del dipendente non “salva” il datore di lavoro

di Luigi Caiazza

La condotta del lavoratore è abnorme, divenendo unico elemento causale dell'infortunio, solo quando assume le connotazioni dell'inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo, non già quando sia caratterizzata da imprudenza, imperizia o negligenza. Questo è il principio espresso dalla Corte di cassazione con la sentenza 25305/2015.

Nell'infortunio mortale plurimo oggetto della causa sono rimasti coinvolti cinque lavoratori. Un supposto subappaltatore, con altri quattro operai, ha iniziato il getto di calcestruzzo per la realizzazione di una soletta di copertura di un fabbricato in costruzione. La soletta era sostenuta da una armatura mista costituita da puntelli di legno e altri di ferro di tipo telescopico, questi ultimi sovrapposti ai primi. Essendosi verificata l'inflessione dei puntelli, perché verosimilmente non sopportavano il carico, immediatamente il presunto subappaltatore si è portato al di sotto della soletta, raggiunto dagli altri operai, con l'evidente scopo di sostenere i puntelli stessi e sospingere carico verso l'alto. L'operazione è stata fatale per cinque lavoratori perché improvvisamente la soletta si è schiantata su di loro.
Dai giudici di merito è stato accertato, senza che sia stato rilevato alcun vizio da parte della Cassazione, che in realtà il committente aveva facoltà di imporre il licenziamento di lavoratori del presunto subappaltatore, forniva il materiale e i macchinari necessari, retribuiva direttamente gli operai, controllava continuamente i lavori in corso, fornendo per l'esecuzione dell'opera di un capo mastro. Le fatture facevano genericamente riferimento a “prestazioni di manodopera”. Tutte circostanze che hanno fatto propendere i giudici per l'esclusione di un legittimo subappalto ma, piuttosto, per una illegittima interposizione di manodopera.

La ricostruzione della dinamica del gravissimo infortunio ha fatto emergere che esso si è verificato per effetto di una condotta non esulante dal processo operativo ma strettamente inerente all'esecuzione della prestazione e tuttavia palesemente inadeguata dal punto di vista tecnico rispetto alle regole di settore. A tal proposito la sentenza stabilisce che le norme in tema di prevenzione infortuni sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili a imperizia, negligenza e imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al dipendente sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l'imprenditore, l'eventuale concorso di colpa del lavoratore.

La condotta di quest'ultimo, infatti, può comportare l'esonero totale dell'imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri di abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento. E' necessaria, a tal fine, una rigorosa dimostrazione dell'indipendenza del comportamento del lavoratore dalla sfera di organizzazione e delle finalità del lavoro e, con essa, della estraneità del rischio affrontato a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro da svolgere.

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