Contenzioso

L’apprendistato, senza recesso, è a tempo indeterminato

di Matteo Prioschi

L’apprendistato è un contratto a tempo indeterminato e se il datore di lavoro non esercita il diritto di recesso al termine del periodo di lavoro-formazione, il dipendente resta in servizio e ha diritto alla retribuzione finché non intervengono un licenziamento, una risoluzione o dimissioni valide. A ribadirlo è la Corte di cassazione, con la sentenza 5051/2016 riferita a un contenzioso che ha avuto origine nel 2005.

Una lavoratrice è stata licenziata durante la prima parte del contratto di apprendistato, ma la decisione è stata giudicata nulla in quanto in contrasto con la tutela della maternità prevista dall’articolo 54 del Dlgs 151/2001. In primo grado l’azienda è stata condannata a riammettere in servizio la dipendente e a pagare le retribuzioni dal licenziamento alla reintegra. La Corte d’appello, invece, ha ridotto il numero di mensilità dal licenziamento alla termine della prima parte del contratto di apprendistato, ritenendo quest’ultimo un tipo di rapporto a tempo determinato.

La Cassazione ha ribaltato la decisione della Corte d’appello, ribadendo che il contratto di apprendistato, in base alla legge 25/1955 in vigore al momento dei fatti, è a tempo indeterminato, anche se costituito da due fasi distinte: la prima in cui convivono formazione e lavoro, e la seconda in cui diventa un contratto “tradizionale”. Il datore di lavoro ha la possibilità di recedere dal contratto alla fine del periodo di formazione, ma se non lo fa, in base all’articolo 19 della legge 25/1955 «l’apprendista è mantenuto in servizio con la qualifica conseguita mediante le prove di idoneità ed il periodo di apprendistato è considerato utile ai fini dell’anzianità di servizio del lavoratore».

Dunque il rapporto di lavoro non si è mai interrotto, in quanto il licenziamento è stato dichiarato nullo e non è stato nemmeno bloccato da un recesso del datore di lavoro nei tempi concessi dalla normativa, ma è rimasto valido fino a quando, alla luce della sentenza di reintegra del primo grado, la dipendente ha comunicato al datore di lavoro di non voler ritornare in azienda. Quindi, secondo la Cassazione, le mensilità arretrate da riconoscere vanno fino a quest’ultima decisione.

I giudici, rimandando la causa alla Corte di appello, hanno indicato questo principio di diritto: «In tema di contratto di apprendistato, regolato dalla legge 25/1955, la lavoratrice, il cui licenziamento sia stato dichiarato nullo per violazione dell’art. 54 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, ha diritto - in caso di mancato esercizio del diritto di recesso da parte del datore di lavoro ai sensi dell’art. 19 di detta legge - alle retribuzioni alla stessa spettanti fino al verificarsi di una legittima causa di risoluzione del rapporto e non fino alla scadenza del periodo di apprendistato».

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