Contenzioso

Il socio accomandatario tenuto all’iscrizione alla gestione commercianti Inps solo se svolge attività effettiva in azienda

di Silvano Imbriaci

La pronuncia della Corte di cassazione 3835/2016 merita una segnalazione in quanto, con una affermazione esplicita e densa di conseguenze per un contenzioso molto attivo sull'intero territorio, indica chiaramente quali siano i presupposti per l'iscrizione alla gestione commercianti Inps del socio responsabile di società in accomandita semplice (accomandatario).

La vicenda è assai frequente e riguarda tutti quei soggetti che, pur titolari di una posizione di responsabilità all'interno di una società di persone, avente solitamente a oggetto attività commerciale, non svolgono al suo interno attività lavorativa, meno che mai attività di tipo commerciale. Per il tipo di società, e per la loro posizione di responsabilità, e anche per il conseguimento di redditi di natura sociale, sono soggetti comunque tenuti alla contribuzione nei confronti della gestione commercianti dell'Inps? Secondo l'ente previdenziale questi elementi sono di per sé sufficienti, in quanto il socio accomandatario è illimitatamente responsabile e unico soggetto abilitato a compiere atti nei in nome della società.

La Cassazione segue un ragionamento diverso. Non siamo nell'ambito della nota questione circa l'unificazione della posizione previdenziale (su cui ha posto la parola definitiva la norma di interpretazione autentica contenuta nell'articolo 12, comma 11, del decreto legge 78/2010, che ha limitato il criterio unificante alle attività in astratto rilevanti per l'iscrizione alle gestioni speciali dell'Inps commercianti, artigiani e lavoratori autonomi in agricoltura). Siamo invece di fronte ad una posizione lavorativa che deve essere indagata in tutti i suoi presupposti ai fini della iscrivibilità alla gestione commercianti.

La normativa che regola l'assicurazione obbligatoria per gli esercenti le attività commerciali, fin dalle prime disposizioni contenute nella legge 1397/1960, poi passando per la legge 613/1966 e per finire alla sistemazione contenuta nella legge 662/1996, ha sempre ritenuto necessario, assieme al requisito della titolarità/responsabilità delle imprese, anche la partecipazione al lavoro aziendale con carattere prima di continuità (legge 1397/1960), poi, meglio definito, di abitualità e prevalenza. L'obbligo è stato esteso non solo ai soci delle società di persone che avessero la responsabilità dell'azienda, ma anche ai soci delle società a responsabilità limitata che si fossero assunti i rischi e gli oneri della gestione dell'attività.

Come dunque chiaramente affermato da questo impianto normativo integrato (si veda anche l'articolo 3 della legge 45/1986, che ha abrogato e sostituito l'articolo 2 della legge 1397/1960), per questi soggetti è comunque necessaria la partecipazione abituale e prevalente al lavoro aziendale.

Ecco che la controversia si traduce in un giudizio sul fatto: non basta l'individuazione di un tipo di società, di una qualifica di responsabilità, o la percezione di un reddito per far presumere lo svolgimento di attività commerciale in modo abituale e prevalente. E, sotto questo profilo, sono rilevantissime le indicazioni che la sentenza fornisce in merito alla esatta individuazione dell'ambito di attività verso cui indirizzare l'indagine. Non quelle attività che garantiscano il funzionamento minimo della società (amministrazione), ma solo quelle che costituiscono la gestione commerciale e che possono essere tranquillamente svolte da terze persone diverse dai soci responsabili.

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