Contenzioso

Decadenza semestrale per il ricorso contro il rigetto della pensione di inabilità civile

di Silvano Imbriaci

Il caso alla base della pronuncia della sezione Lavoro della Corte di cassazione numero 25268 del 2016 riguarda una cittadina extracomunitaria che aveva contestato di fronte all'autorità giudiziaria la mancata concessione della pensione di inabilità civile (articolo 12 dela legge 118/1971) in quanto sprovvista della carta di soggiorno, pur essendo in possesso del requisito sanitario. La questione, prima del merito, riguarda l'applicabilità alla vicenda dell'istituto della decadenza semestrale previsto dall'articolo 42, comma 3, del decreto legge 269/2003: tale norma prevede, infatti, l'abolizione del contenzioso amministrativo in materia di invalidità civile e la proponibilità della domanda giudiziale avverso il provvedimento negativo, entro il termine, a pena di decadenza, di 6 mesi dalla data di comunicazione del provvedimemnto amministrativo.

La Corte è chiamata alla verifica della questione relativa all'ambito di applicazione di questa forma di decadenza. In particolare, si tratta di stabilire se il termine sia applicabile solo ai casi di contestazione dell'accertamento sanitario o se debba valere anche nei casi in cui, pacifico il requisito sanitario, sia in contestazione la sussistenza dei requisiti sociali o extrasanitari (età, cittadinanza, reddito eccetera).

Per poter giungere a una decisione ponderata, la Corte ripercorre tutti i molteplici interventi normativi in materia di fase amministrativa contenziosa nelle prestazioni di invalidità civile, prima della regolamentazione prevista dal'articolo 42, la cui efficacia è stata differita al 31 dicembre 2004 dall'articolo 23, comma 2, del Dl 335/2003. L'esame della normativa (fin dalla legge 118/1971) mostra fin da subito una netta separazione tra due fasi distinte del procedimento amministrativo in materia di invalidità civile: la fase di accertamento del requisito sanitario e quella di verifica della sussistenza dei requisiti socio-economici (fase secondaria ed eventuale, ossia affrontata in presenza del requisito sanitario).

In tutto il panorama normativo che si è articolato fin dal 1971, la fase amministrativa ha sempre previsto la possibilità di un riesame (di II grado) del provvedimento negativo. Ad esempio, secondo quanto disposto dal Dpr 698/1994, dopo la presentazione di un'istanza alla commissione medica Usl competente, si aprivano due diverse strade: una relativa all'accertamento dei requisiti sanitari (provvedimento amministrativo ricorribile presso la commissione medica superiore), l'altra relativa al provvedimento prefettizio di verifica dei requsiti socio-economici (ricorribile in via amministrativa direttamente al ministero). In ogni caso con la possibilità di ricorrere di fronte all'autorità giudiziaria.

Anche dopo il trasferimento delle competenze e funzioni alle Regioni (Dlgs 112/1998) è stata mantenuta (ed anzi espressamente rafforzata a livello legislativo) la separazione tra fase dell'accertamento sanitario e fase di concessione dei benefici economici, con possibilità di ricorso amministrativo secondo la normativa in materia di pensione sociale (comitato provinciale Inps) che si aggiungeva al tradizionale rimedio del ricorso alla commissione medica superiore per le contestazioni sotto il profilo sanitario.

In questo scenario interveniva la riforma contenuta nell'articolo 42, comma 3, del Dl 269/2003 che, come abbiamo accennato, aboliva in modo radicale il contenzioso amministrativo, lasciando semplicemente un termine semestrale dalla comunicazione del provvedimento per l'azione giudiziaria. Secondo la Cassazione, la portata innovativa dell'intervento sta soprattutto nel fatto che viene superata la tradizionale distinzione tra accertamento dei requisiti sanitari e accertamento dei requisiti sociali/economici. La disposizione infatti si riferisce in modo generico alla materia dell'invalidità civile ed il ricortso amministrativo è eliminato senza alcuna limitazione o indicazione di riferimento.

Non vi è dunque alcuno spazio interpretativo per confinare l'abolizione del ricorso amministrativo alle ipotesi di accertamento sanitario, perché il nuovo meccanismo di ricorso diretto al giudice riguarda i provvedimenti in generale adottati in esito alle procedure di riconoscimento dei benefici, senza distinzione tra fase sanitaria e fase extrasanitaria (in ossequio alle esigenze di semplificazione e di efficacia dell'azione amministrativa). Quindi, anche nel caso in cui il provvedimento di reiezione sia fondato sulla insussistenza di un requisito extrasanitario, è onere dell'interessato proporre azione giudiziaria nel termine di sei mesi dalla comunicazione del provvedimento.

Occorre però, secondo le indicazioni “di salvezza” contenute nell'ultima parte della sentenza, che il provvedimento di reiezione, affinché possa dirsi maturata la decadenza, sia esplicito e venga comunicato opportunamente all'interessato, ed occorre anche che in calce al provvedimento non siano contenute imprecise o erronee informazioni riguardanti ricorsi amministrativi ormai aboliti (circostanza che eventualmente comporterebbe un errore scusabile dell'assistito, con conseguente possibilità di rimessione in termini per il ricorso giudiziario).

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